venerdì, 18 Luglio 2025

“(…) Per oltre duecento giorni non avevo fatto altro se non rincorrere il miraggio di una Fata Morgana. È tutta una vita che ti si schianta da­vanti agli occhi in quei momenti, eppure non sempre basta per preservarsi da una nuova mania.

Capita spesso che chi ha vissuto un eccitamento ma­niacale ne cerchi un altro, più o meno inconsciamen­te. È tutto troppo bello per lasciarlo andare. Come gli effetti di una droga, appunto. Le sensazioni talmente gradevoli, i pensieri sempre allegri e in movimento, il piacere di spendere e comprare, la vita che ti scorre attorno lieve e profumata. Molto profumata, intensa. (…)”

Il disturbo bipolare è una patologia della mente che colpisce circa due italiani su cento. In tanti, per vergogna, tengono nascosta la malattia. La giornalista Alessandra Arachi, venticinque anni fa, agli esordi del disturbo, fu vittima di una diagnosi e di una terapia sbagliate che una sera di luna piena, in un prato appena fuori Roma, stavano per costarle la vita. Ne parla in Lunatica. Storia di una mente bipolare (Solferino) mettendo da parte qualsiasi remora, ripercorrendo giornate al limite, con il pensiero fisso del suicidio o con quello di essere seguita dai servizi segreti più pericolosi del mondo. Eppure, in quelle giornate continuava a lavorare in apparenza con tranquillità nella redazione del Corriere della Sera – mentre dentro di sé si scatenava l’inferno.

“Si può essere malati rimanendo sani. – sottolinea la giornalista Fiorenza Sarzanini nella prefazione – Sembra un pa­radosso, un’assurdità. E invece è esattamente così. Perché ci sono mali che aggrediscono il corpo e la testa, modificano i comportamenti, talvolta i senti­menti. Ma poi basta tenerli a bada con la medicina giusta e si torna a posto. Succede a chi prende le pa­sticche per la pressione, a chi ha il diabete. Succede anche a chi soffre di disturbo bipolare. Eppure in questo caso scatta lo stigma. Accade per tutte le ma­lattie della mente”.

Alessandra, nelle sue fasi maniacali, è sopravvissuta a tante cose: “(…) Co­me viaggiare di notte sull’autostrada con i tir che mi sfrecciavano accanto e io che non ero in grado di pre­stare alcuna attenzione alla guida. Ascoltavo canzoni, cantavo, pensavo, elucubravo, e quando i tir strom­bazzavano nervosi per la mia guida sconsiderata cer­cavo di ignorarli, perché ero convinta che fossero man­dati apposta da chi voleva farmi fuori simulando un incidente. Una volta a Savona ho imboccato l’auto­strada contromano, me ne sono resa conto dopo qual­che chilometro; ero andata avanti senza esitazione, co­me il pazzo della barzelletta che sente la notizia alla radio ed è convinto che siano tutti gli altri a sbagliare il senso di marcia. Questa però è quasi la fine della storia. Della prima parte di questa storia”.

Con lucidità e uno stile coinvolgente, l’Autrice cattura il lettore trascinandolo nel periodo che le ha scombussolato la vita e che avrebbe potuto avere un epilogo tragico: “La direzione giusta della vita si può riconqui­stare. Si può. – afferma – Una diagnosi corretta, un bravo psi­chiatra, una psicoterapia adeguata”.

Nella postfazione del dott. Athanasios Koukopoulos si legge: “Negli anni mi sono convinto che per la creatività artistica di alto livello siano indispensabili l’energia, la fantasia, le emozioni di un temperamento bipola­re. Non è una coincidenza che tanti grandi uomini fossero maniaco-depressivi”.

Tra i libri della Arachi ricordiamo Briciole. Storia di un’anoressia (Feltrinelli 1994), da cui è stato tratto un film, Leoncavallo Blues (Feltrinelli 1995), Coriandoli nel deserto (Feltrinelli 2012) e, con Paolo Crepet, Perché finisce un amore (Solferino 2019).

Rossella Montemurro

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