sabato, 23 Novembre 2024

Bardi e il ricordo a Balvano del terremoto ‘80

Balvano è il paese simbolo della devastazione del terremoto del 23 novembre 1980. Oggi, come ogni anno, la comunità si ferma per ricordare le vittime di quella tragica notte. La giornata di commemorazione inizia con una messa solenne nella chiesa ricostruita di Santa...

Il presidente Bardi all’evento “Panorama on the road” di Matera

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Oggi vorrei fare con voi una riflessione sulla “malinconia del cuore”. e la vorrei fare con una poesia di Mimnermo di Colofonte.

Il nome di Mimnermo ha il significato etimologico di “colui che resiste su l’Ermo“, un fiume dell’Eolide e fu probabilmente attribuito a un avo del poeta in ricordo della sua valorosa partecipazione a una vittoria riportata dai Greci di Smirne contro i Lidi del re Gige in questa località.

Della sua vita sono ad oggi giunte pochissime notizie e visse probabilmente tra la seconda metà del VII e l’inizio del VI secolo a.C.

Dai pochi frammenti giunti a noi è difficile giudicare dell’arte di un autore.

Il tema della giovinezza, contrapposta alla vecchiaia, definita odiosa, riveste un ruolo di primo piano nella sua produzione poetica: il poeta si augura che la morte lo colga a 60 anni.

La visione positiva della vecchiaia, accolta da Solone, poeta di elegia politica, è rinnegata da Mimnermo, che invece la ritiene una fase di decadenza fisica che impedisce all’uomo di godere di tutti i piaceri della vita, anche la vista del sole, tormentato da tristi pensieri.

La condizione giovanile è migliore perché una situazione di spensieratezza, in cui il fanciullo non è in grado di discernere il bene dal male, a lui ancora sconosciuti, come si legge in alcuni frammenti: ciò da un lato rende il giovane sprovveduto e spesso incosciente, dall’altro invece gli assicura quella serenità fanciullesca che si contrappone alla pensierosità della condizione senile.

La poesia è la seguente:

Come le foglie

Al modo delle foglie

fiorito della primavera nascono

e ai raggi del sole rapide crescono

noi simili a quelle per un attimo

abbiamo diletto del fiore e dell’età

ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.

Ma le nere dèe ci stanno a fianco

l’una con il segno della grave vecchiaia

e l’altro della morte. Fulmineo

precipita il frutto della giovinezza,

come la luce di un giorno sulla terra.

E quando il suo tempo è dileguato

è meglio la morte che la vita

Se riflettiamo bene è la raggelante consapevolezza del destino umano.

Destino umano come il destino delle foglie.

Come la foglia appena beve un sorso di vita non è più: nel momento in cui la stagione si colma di frutti e si veste di colori, già si annuncia, tremante il tragico declino.

Già si distende il buio fitto della notte.

Come le foglie, è l’avventura umana.

Il poeta commisura il destino dell’uomo al destino delle foglie: il destino di una stagione che fugge, irrefrenabile e inafferrabile.

Nicola Incampo

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