Oggi vorrei fare con voi una riflessione sulla “malinconia del cuore”. e la vorrei fare con una poesia di Mimnermo di Colofonte.
Il nome di Mimnermo ha il significato etimologico di “colui che resiste su l’Ermo“, un fiume dell’Eolide e fu probabilmente attribuito a un avo del poeta in ricordo della sua valorosa partecipazione a una vittoria riportata dai Greci di Smirne contro i Lidi del re Gige in questa località.
Della sua vita sono ad oggi giunte pochissime notizie e visse probabilmente tra la seconda metà del VII e l’inizio del VI secolo a.C.
Dai pochi frammenti giunti a noi è difficile giudicare dell’arte di un autore.
Il tema della giovinezza, contrapposta alla vecchiaia, definita odiosa, riveste un ruolo di primo piano nella sua produzione poetica: il poeta si augura che la morte lo colga a 60 anni.
La visione positiva della vecchiaia, accolta da Solone, poeta di elegia politica, è rinnegata da Mimnermo, che invece la ritiene una fase di decadenza fisica che impedisce all’uomo di godere di tutti i piaceri della vita, anche la vista del sole, tormentato da tristi pensieri.
La condizione giovanile è migliore perché una situazione di spensieratezza, in cui il fanciullo non è in grado di discernere il bene dal male, a lui ancora sconosciuti, come si legge in alcuni frammenti: ciò da un lato rende il giovane sprovveduto e spesso incosciente, dall’altro invece gli assicura quella serenità fanciullesca che si contrappone alla pensierosità della condizione senile.
La poesia è la seguente:
Come le foglie
Al modo delle foglie
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore e dell’età
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dèe ci stanno a fianco
l’una con il segno della grave vecchiaia
e l’altro della morte. Fulmineo
precipita il frutto della giovinezza,
come la luce di un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita
Se riflettiamo bene è la raggelante consapevolezza del destino umano.
Destino umano come il destino delle foglie.
Come la foglia appena beve un sorso di vita non è più: nel momento in cui la stagione si colma di frutti e si veste di colori, già si annuncia, tremante il tragico declino.
Già si distende il buio fitto della notte.
Come le foglie, è l’avventura umana.
Il poeta commisura il destino dell’uomo al destino delle foglie: il destino di una stagione che fugge, irrefrenabile e inafferrabile.
Nicola Incampo