mercoledì, 27 Novembre 2024

“Guardare la catastrofe compiersi sotto i nostri occhi. Vedere le stelle cadere. Assistere alla fine della nostra storia e all’inizio di un’altra che si sta già scrivendo senza di noi. In tale esperienza il soggetto di disfa, si sfalda. Si vede scomparire a favore di un altro. (…)

Si può morire psichicamente per una pena d’amore, svuotarsi di sé stessi, svanire. Perché una separazione amorosa a volte è tanto insopportabile? Perché in questa brusca rivoluzione interiore non so più chi sono, non so più se sono”.

Quella di Claire Marin, filosofa e membro associato dell’École normale supérieure, in La fine degli amori e altri addii che trasformano la nostra vita (Einaudi, traduzione di Simona Mambrini) è un’analisi a tratti anche spietata. Leggendo, è impossibile non rivivere ciò che almeno una volta abbiamo provato tutti: quel vuoto di senso, la prostrazione, lo struggimento dopo una perdita. Nel suo saggio affronta con competenza e al tempo stesso con semplicità, tanto da veicolare messaggi accessibili anche a chi non ha basi di filosofia, una tematica se vogliamo scomoda, di certo dolorosa, che riguarda ciascuno di noi.

Può essere la fine di una relazione d’amore, il brusco strappo con la famiglia d’origine, un lutto: attingendo da filosofi, scrittori e poeti, la Marin scandaglia, va a fondo e spesso anche oltre. Tocca con mano la sofferenza e la riporta in concetti profondamente poetici, assolutamente autentici: “(…) Non faccio nessuna fatica a dimenticare i fatti storici che non ho vissuto e che non mi hanno lasciato un segno. Diversamente, mi è difficile mettere a distanza gli effetti di una guerra sui miei famigliari, dimenticare un uomo che ho molto amato, lasciare un luogo carico di ricordi per me preziosi. Essendo uno strappo, l’oblio è talvolta così difficile in quanto conferma la perdita definitiva di un essere o di un modo di essere di cui non credo di poter sopportare l’assenza senza crollare. In questo senso non esiste una “piccola scorticatura”, tutto dipende dalla maniera in cui una discordanza incide nella nostra storia. Anche una piccola scorticatura è insopportabile su una pelle ustionata.”
In un’epoca segnata dal culto della perfezione e della solidità a tutti i costi, la Marin ci ricorda che un legame che finisce è sempre uno strappo doloroso, che siamo tutti esseri spezzati. È questo a renderci umani, anche se «Ci piacerebbe che la rottura fosse un taglio netto. Preciso e chirurgico, d’un sol colpo, come la sciabola che decapita. Invece la rottura è una lacerazione».

L’Autrice nella sua carriera ha scritto di violenza, corpi e malattia. Tra i diversi premi ricevuti, nel 2019 ha ottenuto il Prix des Savoirs per La fine degli amori

Rossella Montemurro

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