“Le acque del Basento sono potabili. Sono state effettuate analisi approfondite prima di procedere all’utilizzo delle stesse. Dunque accogliamo positivamente l’iniziativa della magistratura di effettuare ulteriori analisi, che confermeranno l’efficacia delle nostre...
“(…) In casa mia non si rubava, non si faceva del male agli altri, i problemi si risolvevano tra le mura domestiche e la regola base era: “Importante Sembrare Felici”.
Con quest’ultima legge ho impostato la mia vita sin da bambino.
Indossavo la maschera del bimbo felice, la mia mamma era perfetta e se io sbagliavo era solo perché ero un disgraziato.
Non ricordo di aver sentito i miei genitori mettersi in discussione e riconoscere una loro responsabilità. Solo da adulto ho potuto vedere le conseguenze del loro operato nel senso di colpa che è diventato il vero limite per mia madre.
Povera donna, nessuno l’aveva avvertita, nessuno le aveva detto che avrebbe pagato con la sua coscienza.”
Perdonare si può. Anche dopo un trauma (Piemme) è un memoir a tratti toccante in cui Michele Massimo Casula, professionista della comunicazione noto sui social come “Il regista delle emozioni” racconta, con il cuore in mano, la propria vita. Una vita, parole sue, divisa in due tempi scanditi da un malore improvviso che lo confina in un letto d’ospedale senza più ricordi. E proprio la perdita della memoria gli permette di riscrivere il copione dei suoi primi trentatré anni provando a far pace con tutte quelle persone e quegli aspetti che non erano stati benevoli o, peggio, gli avevano procurato non poco dolore: “Questo libro – spiega – vuole essere un esempio di come la vita può essere osservata e vissuta come un’opera da scrivere o descrivere in base a come ogni persona sceglie di agire”.
Figlio di una ragazza madre che a 19 anni “si ritrova giovane, sola, incinta, senza sapere cosa aspettarsi e con le sorelle che la insultano, la madre che la rifiuta e la famiglia dell’uomo che ama pronta a difendere il figlio a discapito di una ragazza che, con fiducia, ha creduto nell’amore e nelle parole di lui”, la sua infanzia è fatta di “anni molto tormentati ma allo stesso tempo felici”. Diverso perché senza padre – un uomo che, nel frattempo, si è sposato e ha un figlio quasi coetaneo ma si arroga il diritto di entrare e uscire dalla sua vita, illudendo lui e la madre –, ha tuttavia “la capacità di trasformare qualsiasi situazione in positivo” e già a tre anni riuscì a farsi una ragione di questa diversità cercando in tutti i modi di farsi amare. Ma a causa del padre, sono troppe le assenze, i rancori e il clima di oppressione che respira insieme alla consapevolezza di non essersi mai sentito veramente accettato.
Con la madre ha un legame fortissimo, bello, ed è lei che gli è accanto dopo che la malattia gli porta via il lavoro, la stabilità e tutto ciò che ha conquistato in anni di sacrifici. Finché, poco alla volta, la memoria ritorna, e con essa si ripresentano i drammi che hanno caratterizzato la giovinezza di Michele. Con coraggio la sua vita la riscrive riuscendo a riconciliarsi con un passato ingombrante e difficile in un itinerario emotivo nel quale il perdono diventa fonte di energia per dirigere lo sguardo verso nuovi orizzonti.
“La vita è uno spettacolo a cui noi partecipiamo senza avere chiara la regia.
Nessuno ci consegna un copione dandoci delle direttive su come meglio interpretare il nostro personaggio. (…)
Riusciamo a capire quello che abbiamo vissuto solo con il senno di poi.”
Parafrasando il titolo del suo libro, perdonare si può. Ma emotivamente qual è il prezzo?
“Diciamo che perdonare non è facile e sta diventando sempre di più un lusso, che solo in pochi si vogliono permettere.
Perché il problema è che il rancore agisce come un terremoto che fa crollare tutto quello che hai costruito e spesso prima di erigere una nuova casa emozionale ti trovi a vivere in mezzo alla strada senza capire quale sia la direzione.
La prima cosa da chiarire è che perdonare non vuol dire riconciliare con chi ti ha fatto del male, ma liberarti da quel dolore che non ti permette di vivere, soprattutto a cielo aperto.”
Nel volume ripercorre la sua vita, particolarmente complessa dal punto di vista familiare. Quanto è stato difficile rivivere momenti e sensazioni che le hanno causato tanta sofferenza?
“Il ricordo è già un’interpretazione di quello che realmente hai vissuto, e ognuno ne ricorda una parte. Se poi, come nel mio caso, si uniscono più ricordi nello stesso momento e viene a mancare il contesto che ti permette di dare equilibrio tra azioni e reazioni, ecco che il dolore diventa una diga incapace di contenere gli argini. Non difficile, ma quasi impossibile, sopravvivere.”
Il suo malore è stato lo spartiacque tra i suoi primi trentatré anni e ciò che è venuto dopo. È corretto affermare che la perdita della memoria ha contribuito a guardare il suo vissuto da un’altra prospettiva, probabilmente più indulgente?
“L’indulgenza è l’ultimo sentimento che ho invitato alla festa. Prima di arrivare ad agire con compassione verso me stesso ho avuto il piacere di incontrare paura, delusione e tanta rabbia. Come degli ospiti imbucati ad una festa, che tolleri per educazione ma non vedi l’ora che vadano via. L’unica cosa di cui sono certo è che “guardare” il mio vissuto con altri occhi è stato un atto di volontà.”
Quando si parla di lei si parla del “Regista delle emozioni”: può spiegarci questa definizione?
“Oggi che conosco chi sono posso giocare anche con le parole per definirmi. Il mio malore è diventato l’occasione per ritrovare ogni singola parte di me. Sono stato un danzatore, coreografo, regista nella prima parte e nella seconda ho studiato e imparato a trascendere ogni emozione. Michele ha finalmente accettato Massimo e insieme sono il Regista delle emozioni.”
Qual è il pubblico di lettori che le piacerebbe leggesse il suo libro?
“Sapere che la mia storia potrà essere d’aiuto a qualcuno sarebbe quella famosa moneta che andrebbe a ripagare il prezzo di cui parlavamo.
Essere utile è la mia missione nella vita, pensare di essere letto da chi ha voglia di perdonare darebbe un senso a tutto.”
Michele Massimo Casula è un professionista della comunicazione. Ha una lunga carriera come coreografo e regista nel settore dello spettacolo. Proprio qui, tra tv e teatro, ha trovato la sua forma di espressione che gli permette di lavorare come consulente in comunicazione emozionale. Oggi, nonostante l’età, aggiunge ai suoi studi olistici quelli di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di Roma Tor Vergata. Il suo obiettivo è condividere a sua storia per aiutare gli altri.
Rossella Montemurro