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Un vortice: è difficile trovare un termine più appropriato per descrivere Il veleno nella coda (Laurana Editore), l’esordio di Francesco Mazza, oltre 600 pagine che si leggono d’un fiato.
“Alle 8:03 della mattina del 4 settembre 2019, mia madre mi telefonò per informarmi che mio padre era morto suicida”: questo l’incipit che trascina in una storia fitta di personaggi ed eventi, lungo il filo conduttore di rapporto padre/figlio molto anomalo. Il padre è il dottor Massimo Mazza, ex dentista di Silvio Berlusconi – per la cronaca, è stato lui che ha effettuato l’intervento di chirurgia maxillo-facciale dopo che fu lanciata sul volto del cavaliere una statuina –, un professionista affermato, fissato con il culturismo e alquanto anaffettivo nei confronti del figlio.
Il veleno nella coda ha il sapore di un regolamento di conti. Mettere nero su bianco il racconto di una quotidianità non proprio idilliaca e non sempre a misura di bambino, trascinato con forza sulle piste nere delle montagne più “in” e preso a racchettate sulla testa quando inciampava. “Per l’ex cameriere di Innsbruck, il pensiero di diventare lui stesso membro di quella casta di abbronzati cui aveva servito cappuccio e brioche era irresistibile”. La voglia di riscatto viene da lontano, dall’aver avuto a sua volta un padre con problemi psichiatrici, aver trovato un posto in società sposando la figlia di un noto medico milanese ma essersi ritrovato, nei primi anni di matrimonio, a vivere in un tugurio e senza soldi, per l’ira del suocero che mai avrebbe voluto quelle nozze.
Da adulto, Massimo si porta dentro ossessioni e malinconie. Deve avere tutto sotto controllo in una perenne sfida con se stesso in cui, una volta raggiunto un risultato non ha tempo per goderselo perché ne ha già un altro da raggiungere, all’infinito, in un circolo vizioso che non gli consente tregua. Quel che è peggio, sembra un “Re Mida al contrario”: qualsiasi cosa passi da lui è destinata a fallire.
Il figlio, che ha inevitabilmente subito gli slanci e le cadute del padre, trova nella scrittura la sua rivincita personale. Si lascia andare ai ricordi, ed è implacabile. Usa l’ironia per stemperare una trama per certi versi pesante, tragica.
Gli ultimi trent’anni di storia italiana scorrono nella ricostruzione di un ragazzo nato nel 1981 e formatosi “all’università della Fininvest”: adolescente nella Milano degli anni Novanta racconta le scorribande da writer per sfregiare i treni, l’uso di LSD durante le occupazioni studentesche, le prime apparizioni in TV da Michele Santoro, la redazione di Striscia la notizia, i giardini della villa di Arcore e la fuga a New York… In parallelo, la scoperta della doppia vita del padre, con tanto di “Famiglia A” e “Famiglia B” e la passività della madre, incapace di dare un taglio a quel rapporto e perennemente incinta. Flash brevi ma esaustivi, tasselli di un puzzle caotico.
Un giorno Francesco scopre l’autobiografia del padre (Storia di una vita qualsiasi, ovvero l’arte di come rovinarsela da solo dando la colpa agli altri, riportata integralmente nella seconda parte del libro) terminata tre minuti prima di uccidersi. L’Italia, il sistema mediatico e politico, la macchina del consenso prendono quindi forma nella voce di Massimo. Il veleno nella coda ha una forza dirompente e uno stile ritmato e graffiante che cattura: un’ottima prova per un esordiente.
Francesco Mazza ha lavorato con Michele Santoro e Antonio Ricci, è regista – ha diretto, tra l’altro, Frankie (Italian Roulette) e Ettore Majorana. L’uomo del futuro; ha creato, con Daniele Balestrino, Gli estremi rimedi, i cui video ottengono milioni di visualizzazioni su Facebook.
Rossella Montemurro