La Fondazione Francesca Divella, in collaborazione con il Comune di Matera e l'associazione "Una stanza per un sorriso - Sostiene i pazienti oncologici", è lieta di annunciare la "Giornata della prevenzione senologica e ginecologica", un evento dedicato alla salute e...
Oggi vorrei fare una riflessione sulla felicità partendo da un pensiero di Theodor W. Adorno
“La felicità è come la verità: non la si ha, ci si è. Per questo nessuno che sia felice può sapere di esserlo. Per vedere la felicità, ne dovrebbe uscire. L’unico rapporto fra coscienza e felicità è la gratitudine.”
Theodor Ludwig Wiesengrund-Adorno è stato un filosofo, musicologo e aforista tedesco.
La gioia è affine all’amore.
È un dono, è una sorpresa, è una trasparenza.
Il filosofo afferma che la felicità non è un possesso, al massimo lo è il piacere.
La gioia vera è, invece un dono che ci avvolge, è una specie di abbandono ad un’onda che ci porta, è una realtà che penetra in noi, circola nelle nostre vene, ci trasfigura, è respiro, atmosfera, stato di grazia, luce.
Mi verrebbe da dire che la felicità può addirittura convivere con una vita aspra e agra, può congiungersi anche con la quotidianità amara come insegnano le Beatitudini.
La gioia non può essere uccisa neanche dal dolore.
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli » (Mt 5,3-12)
Come dice il numero 1717 del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Le beatitudini dipingono il volto di Gesù Cristo e ne descrivono la carità; esse esprimono la vocazione dei fedeli associati alla gloria della sua passione e della sua risurrezione; illuminano le azioni e le disposizioni caratteristiche della vita cristiana; sono le promesse paradossali che, nelle tribolazioni, sorreggono la speranza; annunziano le benedizioni e le ricompense già oscuramente anticipate ai discepoli; sono inaugurate nella vita della Vergine Maria e di tutti i santi.”
Giacomo Leopardi affermava: “Dicono che la felicità dell’uomo non può consistere fuorché nella verità. Così parrebbe, perché qual felicità in una cosa che sia falsa? E come, se il mondo è diretto alla felicità, il vero non deve render felice? Eppure io dico che la felicità consiste nell’ignoranza del vero.“
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica