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“Aria di famiglia nasce da una sfida lanciata a Di chi è la colpa, il romanzo precedente. Di fatto si tratta di due romanzi perfettamente speculari. Di chi è la colpa racconta la storia di un ragazzino che, rimasto orfano, viene adottato da un tutore affettuoso ma di dubbia moralità. In Aria di famiglia ritroviamo il nostro eroe adulto. Scrittore e accademico affermato si è costruito una vita appartata, confortevole, ma completamente insensata. D’un tratto si ritrova tra i piedi un ragazzino – lui che non ha mai voluto bambini. Insomma, è tempo che il nostro malcresciuto orfano indossi gli scomodi panni del tutore. Tenendo conto che si scrive per il brivido di qualcosa di nuovo, questa storia mi intrigava. Non ho figli, non ne ho mai voluti, ma adottarne uno e prendermene cura (anche se nella finzione letteraria) è stata un’esperienza tanto difficile quanto gratificante”.
Dal palco di “Amabili Confini”, nei giorni scorsi a Matera sulla Terrazza Le Monacelle in collaborazione con la libreria Di Giulio, lo scrittore e critico letterario Alessandro Piperno ha incontrato il pubblico per parlare del suo Aria di famiglia (Mondadori), un romanzo che ammalia, diverte e commuove, in cui niente è come sembra e tutto cambia rapidamente. Dopo i saluti di Selena Andrisani, presidente dell’associazione “Amabili Confini”, lo scrittore ha conversato con la nota giornalista culturale Valentina Berengo.
Piperno è un narratore nato. Trama, intreccio, stile: nulla è lasciato al caso. Ogni termine è scelto con cura, i personaggi sono tridimensionali, le situazioni descritte coinvolgenti, i dialoghi brillanti.
L’io narrante di Aria di famiglia è il professor Sacerdoti, cinquantenne accademico e romanziere, con una visione del mondo tutta sua, impregnata di misantropia. Malgrado ciò, gode di credito sia tra le aule universitarie sia come scrittore fin quando non si trova di fronte a un’accusa infamante. Gli crolla il mondo addosso, dall’oggi al domani viene sospeso dall’università e come spesso accade in questi casi, bersaglio di critiche feroci, viene emarginato proprio da quei contesti nei quali era ammirato. All’improvviso, a corollario di questa debacle, riceve una comunicazione del tutto inaspettata: è stato nominato tutore di un bambino di otto anni, Noah Meisner, figlio di una sua lontana cugina ortodossa che ha perso la vita insieme al marito. Il professore fa l’impossibile per evitare un impegno così gravoso, certo di non essere in grado – in un momento per lui certo non semplice – di badare a un bambino. Costretto dagli eventi, si ritrova in casa Noah che sulle prime non fa nulla per semplificargli la vita: molto attaccato alle tradizioni, quelle poche volte che parla lo fa con lui rigorosamente in inglese. Contrariamente a ogni aspettativa, però, i due pian piano trovano un compromesso e iniziano a sopportarsi fino ad accettarsi definitivamente, complice anche la supervisione di un avvocato, un’amica del professore, che prova a stemperare i momenti di attrito. L’ex accademico si mette anche d’impegno per garantire al bambino una vita senza provazioni, accettando lavori che in un altro periodo non avrebbe mai svolto.
Ecco che entrambi cominciano a respirare una rassicurante “aria di famiglia”, quasi padre e figlio in un ménage tutto sommato sereno. Fin quando, alla morte del nonno di Noah – lo stesso che non poteva prendersene cura perché affetto da demenza senile – i due vengono convocati per aprire il testamento, incontrando parenti piuttosto irritanti.
Nella decostruzione del professor Sacerdoti conta molto anche il peso delle parole. Aveva una posizione eccellente, uno status invidiabile, ed è crollato tutto. Ci sono dei rimandi alla contemporaneità? Quanto può essere facile, al giorno d’oggi, trovarsi nella stessa situazione del protagonista di Aria di famiglia?
“È molto semplice. Il Prof. Sacerdoti, il narratore del mio romanzo, incarna il prototipo del perfetto paria contemporaneo: bianco, di mezza età, ebreo, benestante. È chiaro che se non sta attento, se non riga dritto, rischia di essere fatto a pezzi. A rendere il mio personaggio diverso da altri analoghi eroi romanzeschi è la sua reazione. Lui non fa quasi una piega, si lascia distruggere senza batter ciglio. Come se in una parte di sé ritenesse di meritarselo. E’ lo stesso atteggiamento stoico e remissivo che gli impedirà di lottare per Noah, il nipote. Ci sono uomini fatti così, incapaci di lottare e di prendersi le proprie responsabilità.
Sei uno degli scrittori italiani più apprezzati, che ha vinto i più importanti Premi letterari. Qual è il tuo giudizio sullo stato dell’arte della letteratura in Italia?
“Da quando ho avuto l’incarico editoriale con “I Meridiani” Mondadori (è direttore editoriale della collana, ndr) dedico quasi tutte le mie risorse intellettuali ai classici. Il che mi ha reso sempre più distratto nei confronti della narrativa contemporanea, non solo italiana. Ciò detto, a sorprendermi è la proliferazione di opere narrative spudoratamente auto-biografiche o di romanzi storici dominati da eroi e eroine pieni di virtù e coraggio. Certe volte mi vien da pensare che il problema del romanzo contemporaneo sia che i primi a metterlo in discussione siano gli stessi romanzieri, come se non ci credessero più, come se avessero perso la fede. Diciamo che io appartengo a quella sparuta schiera di irriducibili – e credo di essere in buona compagnia – che credono ancora nel potere artistico del romanzo, e nelle sue virtù conoscitive”
Oggi scrive chiunque. Sono tantissimi i libri, spesso le autobiografie, firmate da influencer. Secondo te è un bene, nel senso che possono contribuire ad avvicinare anche i più giovani alla lettura, o questi prodotti editoriali vanno a discapito della vera letteratura?
“Non sta a me distinguere la vera letteratura dalla finta letteratura. Non amo i proclami apocalittici, ho sempre pensato che da un punto di vista editoriale ci sia spazio per tutti. Resta comunque il fatto che gli investimenti fatti da alcuni editori su influencer o star della tv si siano rivelati del tutto dissennati. Lo dicono i numeri. Grazie al cielo per vendere un libro non basta avere un milione di follower. Se proprio devo dire cos’è per me la letteratura contemporanea non posso fare altro che citare nomi alla rinfusa: Coetezee, Barnes, Reza. Quanto agli italiani, ho un debole per Sandro Veronesi. Grazie al cielo si tratta di scrittori che possono contare su uno zoccolo duro di lettori appassionati e fedeli.”
Puoi svelarci qualcosa sui tuoi progetti letterari futuri?
“Sto scrivendo il romanzo che chiuderà la trilogia dedicata al Prof. Sacerdoti. Se in Di chi è la colpa ho raccontato infanzia e adolescenza, in Aria di famiglia maturità e vecchiaia, nel nuovo libro mi concentrerò sugli anni difficili della vita adulta. L’ambizione è che ogni romanzo della trilogia possa essere letto autonomamente. Ma vorrei anche che chi avrà la pazienza di leggerli tutti e tre possa vivere una piccola esperienza balzachiana, con tanto di ritorno di personaggi.”
Alessandro Piperno nasce a Roma nel 1972. Dopo aver conseguito la laurea in Letteratura francese presso l’università Tor Vergata, diventa docente di francese e ricercatore nella stessa università. In un primo momento si dedica alla saggistica e dà alle stampe Proust antiebreo (2001). Nel 2005 esordisce in narrativa col romanzo Con le peggiori intenzioni (Premio Viareggio e Campiello Opera prima) che ottiene immediatamente il favore di pubblico e critica. I temi del passato e della famiglia ritornano nel romanzo Persecuzione (2010), che insieme a Inseparabili (2012, Premio Strega) costituisce il dittico intitolato II fuoco amico dei ricordi. Le sue opere successive sono: Contro la memoria (2012), riflessione sull’Olocausto affrontata in chiave proustiana, la raccolta di saggi Pubblici infortuni (2013), il romanzo Dove la storia finisce (2016), il saggio Il manifesto del libero lettore. Otto scrittori di cui non so fare a meno (2017) e il romanzo Di chi è la colpa (2021). È redattore della rivista «Nuovi Argomenti» e dal 2020 dirige la collana «I Meridiani» per la casa editrice Mondadori.
In copertina foto di Gor Morton
Rossella Montemurro

