"(…) a un certo punto, quando pensavo di aver trovato quello che di solito chiamiamo equilibrio e che io preferisco definire un accettabile compromesso, sei apparsa e mi hai comunicato che stavo sbagliando tutto, cioè, che esisteva una parte di me ancora desiderosa di...
Associazione di tipo mafioso, estorsione e trasferimento fraudolento di valori sono i reati contestati dalla Dda di Potenza a F.C., 49enne dipendente comunale e imprenditore di Scanzano Jonico e C.F., 53enne imprenditore originario di Roma. Il 3 marzo scorso per entrambi è stato emesso un decreto di fermo dal gip.
Il provvedimento giunge a conclusione di indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza e svolte dai Carabinieri di Policoro nei confronti di indagati, ritenuti partecipi del clan Schettino-Porcelli, “la cui mafiosità è stata oramai più volte riconosciuta in sede giudiziaria sia cautelare che, di recente, di merito”. La Dda dopo avere individuato ed esercitato azione cautelare prima e penale poi nei confronti della struttura militare del sodalizio mafioso e dei suoi vertici, ha sviluppato attività investigative tese a individuare ogni ulteriore proiezione — politica ed economica del clan. Nel corso di queste ultime indagini sono state individuati alcuni soggetti ritenuti gravemente indiziati di fare parte della cosiddette componente imprenditoriale del sodalizio mafioso.
I fermi sono stati eseguiti nei comuni di Scanzano Jonico (Matera), Comune, come noto, già sciolto per infiltrazioni mafiose, e Lesignano De Bagni (Parma).
In particolare, le indagini, sviluppate dalla Compagnia Carabinieri di Policoro e coordinate dalla Procura antimafia, hanno evidenziato — a livello di gravità indiziaria – come F.C. operasse in via continuativa in stretto contatto con i vertici dell’organizzazione mafiosa “clan Schettino” operante a Scanzano Jonico (Matera) e zone limitrofe ponendo a disposizione dell’intero sodalizio le proprie strutture aziendali (in termini di lavori in favore dei capi dell’organizzazione, di assunzioni, di messa a disposizione del proprio tessuto relazionale, costituito da soggetti pubblici e privati) ed ottenendo rilevantissimi vantaggi sul piano imprenditoriale.
Fra questi-secondo la Procura- la capacità di controllare e/o condizionare interi settori dell’economia locale, di condizionare le scelte della pubblica amministrazione nonché, sempre sfruttando il metodo mafioso (attraverso la strategia delle intimidazioni posta in essere dal sodalizio in suo favore) e riuscendo così a sbaragliare la concorrenza, acquisendo il monopolio — ad esempio — nella gestione dei servizi presso le strutture turistiche/ ricettive dell’area jonica-lucana e nel mercato dell’edilizia pubblica e privata. Quanto agli elementi indiziari raccolti nei confronti di C.F., lo stesso partecipava all’organizzazione nel ruolo di prestanome e gestore di attività commerciali, provento di attività illecita, riconducibili di fatto all’organizzazione e in particolare alla famiglia Schettino. Anche in questo caso le condotte ascritte all’indagato risultavano finalizzate ad incrementare e stabilizzare il potere economico e criminale dello stesso sodalizio sulla fascia jonica materana.
La vicinanza dell’imprenditore scanzanese al clan Schettino-Porcelli era già emersa nelle operazioni cd. “Rusca” e “Centouno”, tanto che il 1 luglio 2020 e il successivo 10 agosto erano stati emessi dalla Prefettura rispettivamente i provvedimenti di diniego dell’iscrizione nella “White List” e di interdittiva nei confronti delle società riconducibili, direttamente o indirettamente, all’indagato. Carlomagno, al fine di aggirarne gli effetti e per continuare a contrarre appalti con la pubblica amministrazione, avrebbe ceduto a un dipendente, rimanendone di fatto il gestore, la titolarità della ditta Sacal Srl (che ha come oggetto sociale, tra le altre attività, l’edilizia e la manutenzione strade) non colpita da provvedimento prefettizio. Così, dal mese di novembre 2021, la società iniziava ad eseguire lavori di manutenzione stradale sulla SS 106 e sulla SS 407.
L’indagine ha fatto altresì luce sulla vicenda delle attività intimidatorie in danno della società Cosmet di Policoro. In particolare, dalle investigazioni sono emersi elementi dimostrativi — a livello di gravità indiziaria – del reato di estorsione ai danni del titolare della ditta Cosmet.
Il 20 gennaio 2018, infatti, era stato rinvenuto presso il cantiere della ditta un altarino funerario, composto da un lumino cimiteriale e due vasi in rame con fiori, “sul cui valore simbolico di massaggio intimidatorio -evidenzia la Dda-vi è poco da aggiungere. L’approfondimento investigativo, svolto attraverso acquisizioni testimoniali, intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, ha consentito di individuare mandante ed esecutori materiali dell’attività intimidatoria e la sua ultima finalità. Risultava così, sulla base degli indizi raccolti che F.C. e C.F. partecipavano al fatto quali istigatori e beneficiari dell’attività illecita, costringendo il titolate della Cosmet – ad affidare l’esecuzione dei lavori edilizi, presso quel cantiere, alla ditta riconducibile a F.C., escludendo così una ditta che era già stata prescelta ed a far svolgere la vigilanza sul cantiere alla ditta ACF srl – intestata a C.F. ma riconducibile al sodalizio mafioso “Schettino” e in particolare alla famiglia Schettino .
Nel corso dell’operazione, denominata “Prometeo”, si è proceduto altresì al sequestro dei beni mobili, immobili, aziende e rapporti bancari relative a 5 società riconducibili a F.C. e Gerardo Schettino, che producevano un volume d’affari stimato in circa 6 milioni di euro nell’anno 2019, nonché beni immobili del valore di circa 300 mila euro e beni mobili per circa 500 mila euro. Tra gli altri, sono stati apposti i sigilli al noto “Parco di Jonè”, parco acquatico situato in zona lido di Scanzano Jonico, di proprietà di una delle società diF.C.. A seguito dei fermi i Gip competenti per territorio (Matera e Parma) a seguito di udienza di convalida hanno emesso ordinanze di custodia cautelare in carcere.
Un terzo provvedimento di fermo emesso nei confronti di altro imprenditore ritenuto dagli inquirenti partecipe del sodalizio mafioso — nei cui confronti comunque proseguono le indagini — non è stato convalidato dal Gip competente.
Le indagini sono ancora in corso.