Si è svolta questa mattina, presso la Sala Ottagonale della Tenuta Gala di Acerenza, la celebrazione dei vent’anni di attività del Centro di Riabilitazione “Don Michele Gala – Don Gnocchi”, una delle strutture di riferimento della Fondazione Don Gnocchi in Basilicata....
C’è un verso che, più di tanti altri, è riuscito ad attraversare i secoli e a fissarsi nell’immaginario collettivo italiano. Lo si sente sussurrare nei corridoi delle scuole, citare nei dibattiti pubblici, apparire nei post motivazionali sui social media. È l’invito che Virgilio rivolge a Dante nell’Inferno della Divina Commedia, al cospetto delle anime degli ignavi: “Non ti curar di loro, guarda e passa.”
Queste parole, pronunciate nel terzo canto dell’opera, hanno assunto un valore simbolico profondo. In sole sette parole si racchiude una filosofia di vita, un monito morale, ma anche una strategia esistenziale. In un mondo come il nostro, dove l’opinione altrui si insinua in ogni aspetto della vita, dalle decisioni personali alle dinamiche professionali, questo antico consiglio risuona con una chiarezza e una necessità che forse Dante stesso non avrebbe immaginato.
Nel cammino che porta Dante e Virgilio alla scoperta delle profondità dell’Inferno, i due si imbattono nell’Antinferno, luogo riservato a coloro che in vita non presero mai posizione. Sono gli ignavi, coloro che vissero in una sorta di neutralità morale, incapaci di scegliere tra il bene e il male. Uomini e donne che “visser sanza ’nfamia e sanza lodo”, come li descrive il Poeta, condannati a inseguire inutilmente una bandiera per l’eternità, punti da vespe e mosconi, mentre i vermi raccolgono il loro sangue e le loro lacrime.
È qui che Virgilio pronuncia il celebre ammonimento: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.”
Non vale la pena indugiare su chi non ha avuto il coraggio di vivere con coerenza. È un invito a non sprecare energie, a proseguire il proprio cammino senza lasciarsi rallentare da chi è privo di valore etico.
Nel tempo, quella frase è stata abbreviata e adattata al linguaggio comune, divenendo: “Non ti curar di loro, guarda e passa.”
Oggi la usiamo per esortarci a non dare peso alle malelingue, a chi ci giudica senza conoscere, a chi cerca di frenare la nostra crescita con critiche inutili o invidia malcelata.
Questa massima è diventata una sorta di “scudo verbale” contro le provocazioni e le interferenze esterne, un antidoto al bisogno compulsivo di compiacere tutti. In un’epoca come la nostra, in cui siamo perennemente esposti – basti pensare alla continua osservazione sui social network – Dante ci offre una via d’uscita dalla pressione di dover rispondere a tutto e a tutti.
È importante chiarire un punto: il verso dantesco non è un inno all’indifferenza egoistica o alla superficialità morale. Al contrario. Virgilio invita Dante a non “curarsi” degli ignavi proprio perché non degni di attenzione, in quanto mancanti di valore. È un giudizio forte, morale, figlio di una visione netta tra bene e male.
Applicato ai giorni nostri, questo ci invita a un discernimento: non ogni voce vale la pena di essere ascoltata, non ogni critica merita una risposta, non ogni attacco è degno di controbattere. C’è un momento in cui “guardare e passare” è un atto di maturità, non di codardia. Psicologi e sociologi lo confermano: nella società dell’iperconnessione, saper selezionare ciò che merita attenzione è essenziale per la salute mentale. La capacità di ignorare le provocazioni sterili è una forma di autodifesa, ma anche un atto di libertà interiore.
Il fascino di questo verso sta anche nella sua forza educativa. È un consiglio che può essere offerto a un adolescente vittima di bullismo, a un professionista oggetto di critiche ingiuste, a un personaggio pubblico travolto dalle polemiche.
È la saggezza che ci dice: “Fai il tuo dovere, segui la tua strada, non perdere tempo con chi non costruisce, ma solo distrugge.”
Molti di noi insegnanti lo abbiamo citato nelle classi per spiegare l’importanza del coraggio morale, della perseveranza, della capacità di scegliere, di esporsi, di essere. Il contrario dell’ignavo, infatti, è colui che prende posizione, anche rischiando.
In un periodo storico in cui si tende a rispondere a tutto, a replicare a ogni commento, a rincorrere l’approvazione di tutti, Dante ci invita al silenzio strategico, alla centratura su di sé.
“Non ti curar di loro, guarda e passa” non è menefreghismo, ma lucidità. Non è chiusura, ma selettività. È la capacità di distinguere tra ciò che merita il nostro tempo e ciò che è solo rumore di fondo.
Dante scrisse per la sua epoca, ma come ogni grande autore, parlava anche al futuro. E oggi più che mai, il suo insegnamento risuona potente. In un tempo in cui siamo bombardati da opinioni, giudizi e aspettative, le sue parole ci ricordano che la vera libertà è interiore.
La libertà di scegliere su cosa vale la pena fermarsi, e cosa invece va semplicemente lasciato andare.
Guardare e passare, sì. Ma senza voltare le spalle al mondo. Solo a ciò che non lo merita.
Nicola Incampo

