mercoledì, 25 Dicembre 2024

Pubblichiamo il testo dell’omelia che mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, ha pronunciato nella Cattedrale di Matera per la Messa della notte di Natale:

Carissimi,

il profeta Isaia ci ricorda che “Un bambino è nato per noi”, precisando che «Ci è stato donato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace». Ritratto di un bambino che suscita sentimenti che vanno oltre la tenerezza e la commozione. È un bambino, ma al contempo è Dio che si cela nelle tenere fattezze di un comune neonato. È venuto certamente per stare con noi, ma soprattutto per abitare in noi, affinché ogni uomo che lo accoglie possa tracciare strade dove il bene vinca il male, la pace allontani la guerra, il perdono dissipi le tenebre della vendetta, la fraternità costruisca ponti umani.

Scambiamoci gli auguri per il Santo Natale con queste parole che l’allora Card. Montini, poi Papa Paolo VI, scrisse per la notte di Natale del 1955:

 “È nato il Salvatore.

È nato il Messia, Cristo Signore.

Il Salvator, il Messia, il Gesù di Betlemme

è il verbo di Dio fatto uomo.

Cadiamo in ginocchio.

La meraviglia non ha confini.

L’adorazione non ha sufficiente umiltà.

La gioia non ha parole bastevoli.

Il cielo si è spalancato.

Il mistero della vita interiore di Dio si è manifestato.

L’umiltà trascendentale di Dio si è palesata feconda.

Cristo non sei lontano nei secoli.

Tu sei vicino, sei presente, sei nostro, se ti sappiamo accogliere.

Tu sei la luce, la letizia, tu sei l’amore.

Vieni, o Signore!

Noi crediamo all’amore e alla tua bontà.

Crediamo che Tu sei il nostro Salvatore.

Abbiamo un solo desiderio: rimanete uniti a te,

non cristiani di nome, bensì cristiani convinti.

Amen.

Siamo, dunque, qui riuniti nella notte dell’umanità per celebrare la luce che dall’alto dei cieli ha squarciato le tenebre, arrivando fino a noi per illuminarci.

Contempliamo questa notte che ha segnato la storia, immergendoci nella luce divina, forse avvolti da paure, preoccupazioni, dolori e scoraggiamenti, frutto di ciò che i nostri occhi vedono, le nostre orecchie ascoltano e le nostre mani toccano, attraverso le immagini che ci giungono dai mezzi di comunicazione.

Siamo qui, nell’oscurità di questo tempo, come i pastori, a vegliare e scrutare i cieli, speranzosi di trovare segni di luce in un firmamento privo di stelle.

Siamo qui, in una notte che colloca milioni di esseri umani ai margini della vita, sempre come i pastori, pronti ad accogliere una manifestazione del divino, per ritrovare quella dignità perduta, relegata in grotte senza luce e senza calore umano.

Siamo qui, in questa notte in cui Dio si china verso di noi, facendosi come noi, carne che trasforma la luce in un’intensità capace di dissipare ogni tenebra.

Noi, uomini del nostro tempo, abbiamo ancora una volta l’opportunità, come un “popolo che cammina nelle tenebre di vedere una grande luce; su coloro che abitano in terra tenebrosa che una luce rifulga”.

Tuttavia, questo buio notturno segna la distanza tra noi e Dio. Essa è infinita per gli scoraggiati e per coloro che si sentono privi di speranza, ma viene annullata da chi, come i pastori che vegliano nella notte della vita, si lascia toccare dall’annuncio divino e si mette in cammino verso la grotta inondata di luce.

 Questa notte, in cui celebriamo il Natale di Dio che si è fatto carne, noi, piccole creature, ci troviamo avvolti dall’immensità del creato per adorare il Creatore dell’infinito universo. Ogni cosa, anche le forme di vita più piccole e apparentemente insignificanti, è stata voluta e creata dal Dio fecondo d’amore e di vita, che si piega verso di noi per farci ritrovare la dignità divina perduta senza di lui.

Il suo sguardo su di noi, chinato sull’umanità, rivela il suo agire a nostro favore; egli si fa uomo come noi, e noi lo contempliamo Bambino, proprio nella miseria umana rappresentata dalla grotta in cui nasce. Questa carne fragile si offre, bisognosa di essere custodita e amata, come un bambino, da quell’amore e affetto umano che ciascuno di noi è ancora capace di nutrire nel profondo, nonostante tutto il male che ci circonda o che noi stessi generiamo.

Questo segno che Dio continua a dare nel corso del tempo è sempre quello di un bambino che riaccende la fiducia e la speranza. In ogni famiglia, la nascita di un bambino suscita emozioni profonde, poiché osserviamo la sua fragilità e il suo bisogno di affetto e cure. Questa notte, questo sentimento si amplifica per tutti noi.

          Abbiamo così il segno che stravolge la storia di ogni essere umano: Dio Bambino, povero, semplice e bisognoso, proprio come ciascuno di noi. Siamo in grado di riconoscere questa presenza divina ogni volta che diamo voce alla sacralità della vita. Ogni nuovo vagito che risuona tra le mura di casa rappresenta un trionfo dell’amore su egoismo, individualismo e paura.

Dovremmo temere non l’arrivo di una nuova vita, ma il suo annientamento. Purtroppo, oggi assistiamo a molteplici forme di disprezzo verso la vita, che ci fanno sprofondare nel buio della notte, impedendo alla luce di squarciare le tenebre del terrore.

Il Natale è il Natale di Gesù! La nascita di Dio che si è fatto come noi, debole tra i deboli, ci insegna a schierarci dalla parte dei fragili e dei piccoli che hanno bisogno di tutto. Quanti bambini, purtroppo, vengono educati e indotti alla violenza come soldati! Quanti sono costretti a mendicare o a spacciare nei nostri quartieri! Quanti subiscono abusi, diventando merce per orchi che, sebbene parlino di Dio, vivono senza di Lui!

In questa notte, accogliendo il Dio Bambino, siamo invitati a dare una carezza piena d’affetto e d’amore a ogni bambino che deve riconquistare la dignità rubata e la bellezza offesa.

Non vi sembra, cari fratelli e sorelle, che il Natale di Gesù sia proprio questo: un invito ad andare incontro al Signore che viene? È un movimento che ci spinge a oltrepassare il perbenismo festaiolo che ci rinchiude nelle nostre case per festeggiare… ma festeggiamo con chi? Partiamo da una realtà: Natale è diventata la festa dei doni e dell’esser buoni. Riflettiamo. Il vero dono per tutti è Dio che si è fatto come noi, venendo ad abitare nelle nostre povertà per renderci ricchi. E se tornassimo a regalarci l’uno con l’altro, senza escludere nessuno, Gesù?

In quella celebre notte di Betlemme, in pochi si resero conto della straordinaria nascita di Gesù. Si possono contare sulle dita di una mano: Giuseppe e Maria, seguiti dai pastori. Il resto dell’umanità era assente, immersa nelle proprie preoccupazioni, intenta a custodire i propri affari e a difendere il proprio posto, spesso a scapito degli altri.

Anche oggi, nonostante la percentuale elevata di chi si dichiara cristiano, quanti si accorgono della nascita di Dio nella carne? In questo buio profondo, mentre noi uomini accendiamo luci colorate e effetti speciali, ci rendiamo conto che ci manca la Luce che illumina la mente e il cuore, guidandoci nella ricerca del significato della vita. Benedetto XVI ha avuto il coraggio di definire il Natale attuale come “l’Apostasia da Gesù Cristo”. In un altro passaggio ha affermato: “Facciamo in modo che, anche nella società attuale, lo scambio degli auguri non perda il suo profondo valore religioso, e che la festa non venga assorbita dagli aspetti esteriori che toccano solo le corde del cuore. Certamente, i segni esterni sono belli e importanti, ma devono servirci per vivere il Natale nel suo significato più autentico, quello sacro e cristiano, affinché la nostra gioia non sia superficiale, ma profonda” (Benedetto XVI, Udienza 21 dicembre 2011).

Natale è Gesù, e Gesù è la nostra speranza. Accogliendolo, diventiamo viandanti di speranza nel buio della storia, mentre ci avviciniamo all’Anno Giubilare del 2025. Come ho scritto nella mia lettera pastorale in preparazione al Giubileo: “Tra le molte ferite aperte e sanguinanti, cogliamo la fatica dei fragili, dei piccoli, dei vulnerabili, dei diseredati, esclusi dal bene comune, dalla giustizia sociale, dalla libertà e dai diritti umani. Sono coloro che non hanno accesso al pane da condividere, alla terra che dovrebbe accogliere, perché tutti siamo figli suoi e tra noi siamo fratelli. Eppure, proprio in questo contesto, si avverte un desiderio di pienezza di vita, per un’esistenza più bella e dignitosa”.

Inoltre, “Il Giubileo rappresenta un’occasione unica per riscoprire che, come cristiani, siamo chiamati a essere seriamente ‘viandanti di speranza’. Tutto sarà possibile se saremo capaci di lasciarci incontrare dal Signore, risentire la sua voce che chiama, anche oggi, a seguirlo, e toccare con mano quella fiducia pasquale che sana ferite e fa risorgere a nuova vita”.

Auguro a tutti un Santo Natale. Andiamo incontro al Signore che viene, camminando attraverso questo tempo con la consapevolezza di non essere soli: Dio è con noi.

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