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La Città dei Sassi ha accolto il nuovo Arcivescovo di Matera-Irsina S. E. Rev.ma Mons. Benoni Ambarus con una solenne celebrazione di inizio del Ministero episcopale in diocesi.
Dopo il Saluto delle autorità civili e militari, rappresentate dal neoeletto Sindaco di Matera Antonio Nicoletti, si è svolta nella Cattedrale di Matera la Solenne Celebrazione Eucaristica.
Due i concelebranti: il Cardinale Enrico Feroci e Mons. Davide Carbonaro, Arcivescovo di Potenza-Muro Lucano- Marsico Nuovo e Metropolita di Basilicata. Sull’altare anche Mons. Giorgio Bertin (Vescovo emerito di Gibuti), Mons. Renato Tarantelli (Vescovo Ausiliare di Roma), Mons. Rocco
Pennacchio (Arcivescovo di Fermo), Mons. Biagio Colaianni (Arcivescovo di Campobasso-Bojano), Mons. Salvatore Ligorio (Arcivescovo emerito di Potenza-Muro Lucano- Marsico Nuovo), Mons. Vito Piccinonna (Vescovo di Rieti), Mons. Piero Fragnelli (Vescovo di Trapani), don Angelo Gioia, amministratore della Diocesi di Matera-Irsina e don Nicola Urgo, amministratore della Diocesi di Tricarico.
Presente una rappresentanza ecumenica con il Pastore Battista Nunzio Loiudice, Papas Nicola Maisteans della Chiesa ortodossa rumena e Padre Adrian di Potenza.
Saluto del Sindaco di Matera Antonio Nicoletti a Sua Eccellenza Mons. Benoni Ambarus
Eccellenza Reverendissima, don Ben,
Con l’onore di parlare anche a nome dei miei colleghi sindaci, delle amministrazioni e dei cittadini della Diocesi, Le rivolgo il più caloroso saluto di benvenuto qui a Matera, nella Sua nuova comunità.
Noi fedeli la stavamo aspettando, custoditi quotidianamente dai Ministri del Clero, che in questo tempo non solo si sono presi cura delle nostre anime, ma hanno saputo gestire in modo più che eccellente i momenti solenni attorno ai quali si riunisce la nostra gente, seguendo il ritmo di tradizioni antiche come i nostri monumenti.
Siamo un popolo segnato da un forte sentimento di fede, radicato saldamente nelle nostre anime come nella pietra della nostra città – Matera – ricca di un patrimonio storico-artistico e architettonico che esprime in modo evidente il rapporto tra Chiesa e comunità. Le oltre 150 chiese scavate nella roccia dai nostri antenati, con le loro testimonianze iconografiche, sono uno straordinario segno di fede, e sono al tempo stesso le radici della nostra cultura. Costituiscono un legame manifesto e indissolubile con l’identità di questi luoghi. Oggi, con la loro valorizzazione, sono diventate fattore di sviluppo e rappresentano quindi non solo i simboli di un antico passato, ma anche un fattore per continuare a costruire il nostro futuro.
La nostra, infatti, è una comunità accogliente e operosa, tenace, che non si arrende fino al superamento di ogni avversità. Una comunità che ha saputo custodire con orgoglio le proprie radici e che guarda con fiducia al futuro, forte del suo patrimonio culturale e umano. I Sassi sono simbolo di dignità e di rinascita, e testimoniano una città capace di risorgere, di trasformarsi e di aprirsi al mondo, senza perdere la propria anima.
Matera, la Gerusalemme dell’immaginario Hollywoodiano, è soprattutto “Capitale” culturale: è una città simbolo del riscatto del Sud, un luogo che con la sua forza riesce a soverchiare le sue stesse contraddizioni, in grado di creare, pur nelle difficoltà, un destino sempre nuovo.
Città antica e radicata nella spiritualità più autentica, è da sempre terra di dialogo, accoglienza e fede. Nel 2026 sarà “Capitale Mediterranea della Cultura e del Dialogo”, rappresentando nuovamente l’Italia in un contesto internazionale quantomai importante in un periodo storico come questo. Dialogo e cultura, parole che appartengono ai materani, e che siamo certi sapremo coniugare insieme, per condividerne i valori con i nostri ospiti provenienti da tutto il mondo.
Ma Matera non è solo i Sassi, il nostro “luogo” per eccellenza, che dobbiamo proteggere e tutelare dalle veloci trasformazioni portate dal turismo e dallo sviluppo contemporaneo. Matera è molto altro. Conoscerà presto la “verità” dei nostri quartieri e dei nostri borghi, dove albergano certo contraddizioni, difficoltà e disagio, ma dove vive la fede più autentica, lo spirito di solidarietà, dove sopravvivono ancora i valori del “vicinato” che ci hanno tramandato i nostri padri.
Materia e spirito, sapienza e operosità, sono gli elementi che emergono dalla nostra antica civiltà: il “paesaggio culturale” costruito da un popolo che ha dimostrato, attraverso i millenni, la sua capacità di essere una vera “comunità”.
Questa comunità attendeva il suo Pastore. La Sua nomina e il Suo insediamento oggi sono motivo di grande gioia e fiducia per tutti noi, quale segno di nuova rinascita e di rinnovamento per la Chiesa locale e per tutto il nostro territorio.
In questo contesto ricco di storia e significato, l’arrivo del nuovo Arcivescovo rappresenta un bellissimo momento di beneficio e di rinnovamento. Siamo certi che la Sua guida spirituale saprà rafforzare i legami tra la Chiesa e la città, promuovendo quei valori di solidarietà, giustizia, ascolto e vicinanza agli ultimi che sentiamo profondamente nostri.
Il Comune di Matera è pronto a collaborare con Lei e con l’intera Arcidiocesi, all’insegna di un dialogo che sarà sincero e costruttivo, nonché fondato sul rispetto reciproco, per affrontare le sfide sociali e morali del nostro tempo e quelle che ci attendono, al fine di costruire insieme un futuro di pace, giustizia e prosperità per tutti i cittadini, unendo le forze verso un progetto di comunità autentica.
Pertanto, nell’esprimerle tutta la nostra fiducia e collaborazione nel suo ministero pastorale del nostro territorio, Le auguro di poter essere la guida illuminata della nostra comunità spirituale nella promozione dei valori cristiani, e una presenza costante nella vita di tutti noi, certi che insieme potremo continuare a costruire una Matera ancora più giusta, solidale e aperta.
Benvenuto, Eccellenza. Che il Suo servizio pastorale sia per tutti noi fonte di ispirazione e di speranza
Saluto di S. E. Rev.ma Mons. Benoni Ambarus alle autorità di Matera
Egregio sindaco Antonio Nicoletti, egregi sindaci dei comuni del territorio diocesano, distinte autorità civili e militari! Vi ringrazio di cuore per il saluto che mi avete rivolto, per l’accoglienza che mi avete riservato, per la grande apertura di fiducia e di collaborazione che avete manifestato.
Ad un primo sguardo, potrebbe sembrare che in questo momento si stiano incontrando e si accolgano i rappresentanti di due dimensioni diverse del convivere umano: la città civica, cittadina, pubblica e laica, e la città “religiosa” con i suoi aspetti di spiritualità fede e tradizione. Due dimensioni che si rispettano, si accolgono, collaborano, nella diversità e nell’autonomia specifica.
Invece, mi piace pensare che non è così. Non perché non siano separate le due dimensioni, bensì perché l’umano vivere è una realtà ed un patrimonio comune. Voi, amministratori del bene comune, siete al servizio dei cittadini; noi, come Chiesa, viviamo al servizio delle persone. Che è la stessa cosa: insieme siamo una comunità.
In un’ottica di lettura credente della realtà, la città, il convivere umano ha una dimensione visibile, fatta di persone, di obiettivi comuni e di convivenza pacifica per il benessere di tutti. Ma, parallelamente e, a volte, in modo inconsapevole per molti, esiste una dimensione trascendentale, che non si vede, che però è altrettanto vera e consistente: lo spirituale, la vera identità della persona umana, che noi crediamo sia di figli di Dio ed eredi del Regno dei cieli.
La Chiesa, fatta di uomini e donne di oggi, incarnati nella vita e nella società, si impegna insieme a tutti i cittadini per il bene comune, ma non dimentica la parte dello spirito, come parte integrante ed essenziale per avere un senso pieno della vita umana.
Vorrei dire che i cristiani sono, e dovrebbero esserlo sempre più, degli incontentabili sulla realtà della nostra città, degli inguaribili collaboratori per l’umano convivere. Ed è per questo che non ci rassegniamo di fronte alle difficoltà e sentiamo i le persone fragili come nostri prediletti, coloro che vivono qualsiasi tipo di fragilità e di difficoltà. Perché hanno bisogno di essere nutriti e rafforzati per la vita, ma anche di senso di vita. Siamo degli incontentabili perché non ci vogliamo limitare a dare anni alla vita umana, ma pienezza e senso di vita agli anni. Altrimenti non si trovano sufficienti motivi per un vivere umano sereno.
In conclusione, a voi amministratori, assicuro che saremo collaboratori leali per il bene comune, perseguendo sempre più il tutto con criteri di giustizia e non di elemosina, di uguaglianza e non di prepotenza, di attenzione e non di distrazione, né tantomeno di interessi personali. Ma è altrettanto ovvio, e sono sicuro che su questo siamo d’accordo, che la collaborazione è e rimane anche sul registro della franchezza e della vigilanza profetica.
Grazie per quello che fate nel vostro servizio quotidiano, per la generosità del vostro lavoro, tante volte poco riconosciuto e gratificato. Vi assicuro che al Signore non sfugge nessun vostro gesto di bene e di umanità autentica. E più i gesti sono piccoli e sconosciuti, più al Signore sono preziosi!
Indirizzo di saluto di don Angelo Gioia a S. E. Mons. Benoni Ambarus
Eccellenza Reverendissima, abitando intimamente i nostri cuori ci diciamo reciprocamente un profondo e sentito benvenuto. Glielo dice il cuore di una chiesa che, mentre ringrazia il Signore per aver incontrato lungo il suo cammino il suo predecessore mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, riconosce in lei l’inviato del Santo Padre Leone XIV venuto qui in mezzo a noi per servire e amare in obbedienza il suo nuovo gregge. Per questo oggi a far festa con noi e per lei c’è la chiesa tutta, qui rappresentata da figure significative quali quella di Sua Eminenza il card. Feroci, l’Arcivescovo Metropolita e Presidente della nostra Conferenza Episcopale di Basilicata, gli Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi, il nostro presbiterio, gli altri confratelli sacerdoti qui convenuti, i religiosi e religiose, i diaconi permanenti con le loro famiglie, i seminaristi, i suoi familiari, i suoi amici e collaboratori, i rappresentanti delle istituzioni civili e militari, i gruppi ecclesiali, e l’intera comunità diocesana qui presente o collegata attraverso la diretta televisiva.
Carissimo padre, è la sua nuova chiesa di Matera-Irsina che dal 18 giugno scorso ha “custodito il tempo e lo spazio che ci separava da questo nostro incontro” con la preghiera e l’affetto che già in diverse occasioni le ha riservato e dimostrato. Ma è altrettanto intenso il bene che sin da subito lei ci ha manifestato attraverso gesti, parole, attenzioni: il tutto impreziosito da una edificante discrezione.
Questa chiesa, sposa di Cristo, vede in lei quell’amico dello Sposo e quel pastore che, con una bella spiritualità incarnata, animato profondamente da carità pastorale, capace di vicinanza e attaccamento alla terra in cui è stato mandato, l’aiuterà a vivere e amare sempre di più il Cristo servo dell’umanità.
Ci affideremo alla sua capacità di saper tessere trame comunionali profonde e umane con ogni singolo presbitero, tra presbitero e presbiterio, tra presbiteri e laici. Ci aiuti a motivare e a maturare una crescente partecipazione di tutti alla vita attiva della diocesi attraverso gli organismi di partecipazione, la collaborazione con gli uffici, la formazione personale finalizzata al servizio responsabile di tutta la chiesa, la valorizzazione dell’interparrocchialità e dell’interdiocesanità. A lei starà a cuore la cura e l’accompagnamento paterno dei preti giovani, la cui formazione iniziale nel seminario, oggi più che mai, necessita di sostenersi con quella nel ministero sacerdotale, puntando prioritariamente a rafforzare i vincoli sani della comunione e della fraternità.
Insieme a lei, raccoglieremo l’eredità del Sinodo diocesano e universale insieme alle altre chiese di Basilicata, per percorrere la via missionaria dell’evangelizzazione, dell’ascolto, del dialogo, del discernimento come popolo di Dio al fine di far nostre poche ma essenziali scelte profetiche. Questa decisa spinta al senso e all’azione missionaria di tutti sarebbe bello poterla costruire insieme anche attraverso incontri e confronti con chi non pratica una vita cristiana e chi la pratica senza motivazioni profonde. Insieme potrà essere importante leggere l’attuale contesto religioso in cui una pastorale di conservazione può segnare un regresso dei cristiani e delle comunità.
Conoscendo quanto il sentimento caritativo abiti nei cuori della nostra gente e tocchi particolarmente la sua affezione e attenzione pastorale, sarà sicuramente decisivo puntare in maniera convinta su di esso per assumerlo come dimensione ministeriale da parte di tutti, per porgerlo come vangelo di vita e di speranza alle fasce della popolazione più anziana, più fragile e disperata.
Nel solco di una chiesa sinodale proveremo a creare occasioni di formazione in cui laici e presbiteri, religiosi e religiose, giovani e adulti insieme assumano la forma mentis di una chiesa capace di offrire a tutti il vangelo della fraternità e la bellezza del bene e della casa comune. Le nostre comunità, per il forte senso di appartenenza e di identità e sensibili alle persone fragili e vulnerabili, potranno con lei potenziare reti territoriali animate da spirito di servizio gratuito e disinteressato, a partire da un rinnovato protagonismo delle coppie e delle famiglie, dalla valorizzazione di tutto quel mondo di professionisti che con le proprie competenze possono animare evangelicamente i diversi ambiti di vita e di lavoro. Un’attenzione fatta di prossimità e di cura va riservata agli insegnanti e al mondo della cultura con il quale condividere l’affascinante mondo dell’educazione dei giovani da responsabilizzare verso i più anziani, i più piccoli, i propri coetanei, le proprie famiglie, la vita sociale e politica.
Infine, ci sta davanti tutto il cammino da intraprendere come diocesi di Matera-Irsina e Tricarico, chiese sorelle unite sotto la guida di un unico pastore. Mentre esprimiamo la più profonda gratitudine a Mons. Caiazzo per essersi speso sin dall’inizio senza riserve, siamo consapevoli che la specifica caratterizzazione di entrambe le diocesi richiederà un processo lungo di armonizzazione, che potrà trovare però nella conoscenza reciproca di tutti i presbiteri e nell’amicizia fraterna un fattore decisivo. La sua giovinezza sacerdotale ed episcopale, la sua dinamicità, il suo cuore pastorale animeranno in tutti noi la speranza che questo processo si possa svolgere insieme e gradualmente in un tempo più diffuso, da vivere nel discernimento e secondo lo stile della conversazione nello Spirito.
Concludo questo mio saluto ancora con le parole inviateci il giorno della sua elezione: “Fortifichiamo le mani infiacchite e rafforziamo le ginocchia vacillanti” (Is 35,3); il mondo di oggi ha un grande bisogno del lievito e del sale della Chiesa, della nostra collaborazione con tutti”. Con lei e attraverso di lei chiediamo allo Spirito di trasformare in azione di grazie tutti quei pensieri, desideri e bisogni che albergano nei cuori di tutti noi. Insieme a lei vorrei anche ringraziare tutti coloro (e non sono pochi) che, con profondo spirito di accoglienza e ospitalità e facendo tutto il possibile, in questi giorni di preparazione hanno servito e si sono messi a disposizione della nostra chiesa consentendo la partecipazione e la presenza a questo solenne momento celebrativo.
Eccellenza carissima, voglia accettare ora questi due segni (la croce pettorale e l’anello) che esprimono la gratitudine del nostro presbiterio per la disponibilità a servire con amore e fedeltà evangelica la nostra chiesa. E invochi su tutti noi quelle benedizioni che dal suo cuore di padre potranno far vivere in ciascuno di noi la gioia di sentirci una sola famiglia. Grazie.
Omelia di S. E. Rev.ma Mons. Benoni Ambarus – inizio ministero Episcopale
L’ospitante che diventa ospitato. Potrei riassumere così la prima lettura ed il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi.
Abramo siede all’ingresso della sua tenda nell’ora più calda del giorno, e vive l’incontro con i tre uomini. Si prodiga tanto per accoglierli, offre loro cibo e nutrimento, vive la loro presenza come un dono per sé e la propria famiglia. Il risultato finale è che il vero beneficiato invece sarà proprio lui e sua moglie Sara. I tre uomini gli promettono ciò che lui aspetta da tanto: una discendenza, un futuro del proprio clan familiare! Ed è quello che lui aspettava dal Signore: una discendenza. Non esiste accoglienza vera senza una fecondità reciproca! Mai l’accoglienza vera è unidirezionale; se così fosse, non è vera accoglienza ma una certa disponibilità propria, un potere di fare delle cose verso l’altro, dove la vita non si moltiplica, ma solo conservata e prolungata. Inoltre, il dono che riceve Abramo è una promessa serena di futuro: Avrai una discendenza, avrai un futuro, ed io ti custodirò nella vita!
Nel Vangelo di Luca invece, abbiamo la situazione di due sorelle che accolgono il Signore Gesù insieme ai suoi. Gesù va verso Gerusalemme, è stanco del viaggio ed ha necessità di rigenerare le sue forze. Entrando in casa loro, le sorelle attivano due atteggiamenti, due modi di ospitarlo. Marta è consapevole che le esigenze materiali siano una concretizzazione del suo amore per il Signore: hanno bisogno di mangiare, di nutrirsi. E si mette a fare le cose. La sua ospitalità si declina in cose concrete e pratiche quindi; che sono tante, troppe, e non le rimane più spazio ed energia per altro. Lo fa perché l’ospite deve avere il meglio, e sentirsi a suo agio.
Maria invece sceglie un altro registro per ospitare Gesù: si siede ai suoi piedi e assorbe ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo del Signore. Potremmo dire che a Marta piace fare le cose per il Signore, mentre a Maria piace il Signore. La prima nutre dolcemente Gesù con tutto ciò che riguarda l’ospitalità, mentre Maria si nutre di Gesù e della sua dolce presenza.
Sembra, dal modo in cui reagisce Marta, che sia necessario prendere una posizione radicale: schierarsi con lei o con Maria. Non t’importa? Non ti curi? Non ti curi di me? Ed io, che mi sto stancando per te? Non mi vedi, non mi pensi? Dì a mia sorella di dividere queste incombenze con me così dividiamo anche lo stare ai tuoi piedi ed ascoltarti. Un po’ per uno…fa bene a tutti!
Il Signore non si sfila da questa domanda: certo che m’importa, Marta! Certo che m’importa! M’importa che sei sola! Ma…devi sapere che la necessità è una sola: ascoltare Dio! Il resto è contorno! E la necessità è che tu ti sieda e ti faccia ospitare da me, non io da te.
La tua stanchezza, il tuo affanno della vita, la tua solitudine, il tuo scoraggiamento, non vengono eliminati semplicemente perché fai meno cose con l’aiuto degli altri, bensì dal deporre la tua vita ai miei piedi. Vivi nella misura in cui mi ascolti; perché diventi lentamente ciò che ascolti da me! Se non lo fai, continuerai ad agitarti nella vita, ad “invadermi” quasi con le tue opere, ma non riposerai veramente. Anzi, più che ospitare e servire me, lasciati ospitare e servire da me; solo così potrai sperimentare il mio amore per te.
Perché qui non si tratta di compiacermi, di meritare il mio amore attraverso le cose che fai per me, come se dovessi pagare il mio amore e la mia stima, bensì di immergerti nella relazione con me che ti rigenera nella vita!
Ecco carissimi, cosa dice a noi come Chiesa di Matera-Irsina questa Parola, il giorno in cui il Signore ci ha radunati insieme ed oggi mi chiede di iniziare il cammino di servizio come vostro vescovo e pastore? Mi sembra che tre siano gli atteggiamenti spirituali ed ecclesiali da coltivare:
Primo. Ricordarsi che ogni volta che ospitiamo il Signore, in realtà è Lui che desidera ospitare e rigenerare noi con la sua presenza e fecondità. Lui accetta l’ospitalità solo come pretesto per poterci incontrare: l’ospitato è il vero ospitante! Perché conosce la nostra solitudine, le nostre stanchezze, amarezze, il nostro bisogno di essere amati innanzitutto, e poi il bisogno di amare! E queste stanchezze e solitudini non si superano tanto perché i nostri fratelli e sorelle ci soccorrono, bensì piuttosto se abbiamo il coraggio di sederci anche noi! Siamo creati per “riposare” innanzitutto nella relazione profonda con il dolce Signore, nostro Ospitante!
Due. A noi non ci accomuna un fare ecclesiale aggrovigliato e confuso, ma la calma delle relazioni corte e profonde, fatto di appartenenza al Signore, di sguardi di accoglienza del mistero dell’altro. Un essere Chiesa dalle relazioni riposanti, dove poterci sentire accolti, rigenerati, rinati nella speranza per la vita. Dei discepoli quindi che più si lasciano “ospitare” dall’amore del Signore, più diventano essi stessi capaci di ospitare gli altri.
Tre. Benedetta l’ospitalità ecclesiale dei discepoli! Benedetta la vita vissuta ad ospitare gli altri, perché solo in questo modo annunciamo a tutti l’Ospite divino! E più le persone sono lontane da Lui, più sono stanche e sole, più sono povere di pane, di relazioni, di cultura, di lavoro, più vanno accolte nelle nostre tende per essere rigenerate. Perché così a loro viene annunciato attraverso la nostra vita l’Ospite divino che rigenera, mentre a noi viene data, attraverso loro, la fecondità ulteriore della vita e della vita di grazia!
Per concludere, è Cristo in noi, speranza della gloria che noi annunciamo, dice san Paolo, è Cristo che desideriamo rendere presente nel mondo, e ospitando gli uomini e le donne di oggi nella nostra vita, nelle nostre relazioni, nelle nostre comunità, favorire l’incontro tra loro e l’Ospite divino.
Saluto a fine Messa
Potrei dire “sarò breve” ma… non lo dico. Bensì dico: “Sarò banale”. Nel senso che tante volte nella vita sono le cose semplici il nostro pane quotidiano, la nostra parte principale di vita. E si, sarò banale! Perché nulla di straordinario voglio aggiungere a questa celebrazione, nulla di fuori luogo voglio dire, eccetto la sottolineatura della bellezza nella semplicità. Che è dire, grazie, fiducia, speranza.
Dico grazie innanzitutto. Grazie al Signore! Perché la mia storia è stata, mi rendo conto sempre di più, pavimentata dalla sua bontà per me. Grazie al nostro Santo Padre, Leone XIV per la sua fiducia e la sua paterna attenzione e la nuova missione che mi ha affidato e che oggi inizia insieme a tutti voi, caro Popolo di Dio che abita nella Diocesi di Matera-Irsina.
Celebro e rendo lode al Signore per la sua bontà nel darmi vita, nella mia storia familiare – con i genitori e nonni che oggi sono in cielo, i tanti fratelli e sorelle, nipoti, cognati e cugini, di cui oggi sono presenti una buona parte, e che ringrazio per la loro presenza discreta ed esemplare nella mia vita, nelle persone che mi hanno affiancato e sostenuto, nelle tappe della formazione, diaconi, consacrati e consacrate, sacerdoti, vescovi, e cardinali; non mi metto a fare i nomi altrimenti facciamo notte, e già voi che state fuori sulla piazza siete stati messi alla prova☺. La bontà del Signore si è manifestata ulteriormente nel considerarmi degno di fiducia con la chiamata al ministero presbiterale ed episcopale poi, e attraverso le comunità che ho avuto l’onore di servire.
Ringrazio il Signore per tutte le persone ferite che ho potuto incontrare, ascoltare, sostenere, aiutare: poveri, emarginati, rom, migranti, carcerati, malati. Per il dono immenso ricevuto attraverso i racconti delle loro storie, la testimonianza della loro fede e speranza, le lacrime che mi hanno permesso di asciugare, il passo in più di vita che abbiamo fatto insieme, loro nella propria vita ed io nella mia insieme a loro.
Ringrazio tutte le persone che sono arrivate qui, da Roma e da vari luoghi per questa celebrazione e per coloro che sono unite attraverso i vari canali di comunicazione.
A Roma mi presentavo come romeno romano, e poi col passare del tempo, sempre più romano che romeno… Ma ora, chi sono io? I Santi Patroni della nostra Arcidiocesi, a cui affido il mio ministero episcopale, sono Maria Ss.ma della Bruna, S. Giovanni da Matera, S. Eufemia e s. Eustachio. Quest’ultimo, generale romano, si è distinto anche nelle guerre di conquista dei miei antenati nella…Dacia, l’attuale Romania. Oggi è arrivato il loro pronipote eh! J Arrivato carico di gratitudine per la vostra accoglienzaJ; e non per conquistare ma per servire, con la fiducia che Popolo e Pastore possano condividere insieme i doni divini, ed edificare il Regno di Dio in questo nostro mondo, così bisognoso di vedere semi di pace, di riconciliazione e di amore autentico.
Carissimi, ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questo momento; nei giorni scorsi dicevo al telefono a don Angelo Gioia e agli altri sacerdoti: vi sto facendo fare gli straordinari per questa celebrazione! Si, sento e ho visto che gli straordinari sono stati fatti e vissuti da tutti, a cominciare dai sacerdoti, dalle istituzioni e da tutti voi. Grazie per la vostra accoglienza, grazie per la preghiera che avete fatto, e dalla quale mi sono sentito avvolto come da un caldo e dolce abbraccio spirituale!
Sono pieno di fiducia che la bontà e la fedeltà del Signore non ci abbandonano! Sono pieno di fiducia che il Signore guiderà i nostri passi in questo nostro tempo complesso e pieno di sconvolgimenti, che il nostro amato papa Francesco ha definito come un cambiamento d’epoca! Dio è il Signore della storia e noi siamo chiamati a collaborare all’edificazione del Suo Regno, di cui la Chiesa è germe e riflesso concreto in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo!
Siamo sale e lievito del Regno; il Signore è il costruttore ed il suo progetto di amore è più forte delle fatiche e degli sconvolgimenti. Non cediamo alla rassegnazione ma ancoriamo il cuore nella speranza; non lasciamo che i nostri cuori siano turbati, siano sottosopra, ma incontriamo il Risorto sulle strade del mondo, e Lui camminerà con noi! Dico queste parole pensando in modo particolare alle persone che stanno vivendo un deficit di speranza in questa fase della loro vita: difficoltà di ogni genere, povertà, disoccupazione, migrazione, carcere, malattia, solitudine!
Il motto episcopale che ho scelto è: Ha messo tutto quello che aveva! Che racconta della vedova del Vangelo. Ma in realtà il Padre ha messo tutto quello che aveva: il Figlio! Ce lo ha donato. Ed insieme al Figlio ci ha resi eredi del Regno. Anche noi dobbiamo mettere ogni cosa che abbiamo e che siamo al Suo servizio ed il Signore moltiplicherà ogni bene nel mondo!
A Maria Santissima della Bruna affido il mio ministero episcopale in modo speciale; Matera, che si sfregia del titolo di “città di Maria”, sia il luogo dove è rivolto in modo particolare lo sguardo materno di Maria; lei ci consoli e interceda per tutti noi!
Grazie per la presenza, grazie per la pazienza, grazie per ciò che da oggi insieme vivremo e affronteremo, ospitandoci gli uni gli altri a partire da un ascolto reciproco!
Bardi e Latronico: auguri al nuovo vescovo di Matera, Mons. Ambarus
Dichiarazioni del Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, e dell’assessore regionale alla Salute, Cosimo Latronico, in occasione dell’insediamento del nuovo Arcivescovo di Matera-Irsina e Tricarico, S.E. Mons. Benoni Ambarus.
Presidente Bardi
“L’arrivo di S.E. Mons. Benoni Ambarus alla guida dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina e della Diocesi di Tricarico rappresenta un momento di grande significato per tutta la nostra regione. Accogliamo il nuovo Arcivescovo con profonda stima e fiducia, certi che saprà essere una guida attenta, capace di interpretare i bisogni spirituali e sociali delle nostre comunità.
Il suo cammino pastorale, ricco di esperienze e sensibilità, sarà un’opportunità preziosa per rafforzare i legami tra la Chiesa e il territorio, in uno spirito di ascolto, prossimità e servizio. A nome della Regione Basilicata e mio personale, esprimo i più sinceri auguri a Mons. Ambarus per questo nuovo incarico, con l’auspicio che il suo ministero sia fecondo e portatore di speranza”.
Assessore Latronico
“Oggi è un giorno di letizia per le persone e le nostre comunità che accolgono con gioia il loro nuovo Pastore, S.E. Mons. Benoni Ambarus. La sua presenza alla guida della Chiesa locale rappresenta un riferimento importante, non solo sul piano spirituale, ma anche su quello umano e pastorale. Siamo certi che saprà instaurare un dialogo profondo e autentico con le persone e i territori, offrendo conforto, orientamento e speranza lungo il cammino della fede. A nome mio personale rivolgo a Mons. Ambarus un sincero augurio di buon ministero pastorale, nel segno del Vangelo e del servizio”.
Foto Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Matera Irsina

