venerdì, 5 Dicembre 2025

Vent’anni di attività del Centro Gala-Don Gnocchi

Si è svolta questa mattina, presso la Sala Ottagonale della Tenuta Gala di Acerenza, la celebrazione dei vent’anni di attività del Centro di Riabilitazione “Don Michele Gala – Don Gnocchi”, una delle strutture di riferimento della Fondazione Don Gnocchi in Basilicata....

Nel cuore della Cappella Sistina, avvolti dal silenzio più solenne e sotto lo sguardo severo del Giudizio Universale di Michelangelo, i cardinali chiamati al conclave compiono uno dei gesti più significativi della vita della Chiesa: lo scrutinium vere proprieque, ovvero il vero e proprio atto di votazione per l’elezione del nuovo Papa. Il rito, ricco di simbolismo e tradizione, si svolge in un’atmosfera carica di spiritualità. Uno alla volta, con passo composto e lo sguardo assorto, i porporati si avvicinano all’altare dove si trova l’urna per la raccolta dei voti. In mano tengono la scheda piegata in due, ben visibile, a simboleggiare la trasparenza e la coscienza del gesto che stanno per compiere. Arrivati davanti all’imponente Crocifisso e all’affresco michelangiolesco che raffigura la scena finale del destino umano, ogni cardinale pronuncia il giuramento rituale in latino: «Testor Christum Dominum, qui me iudicaturus est, me eum eligere, quem secundum Deum iudico eligi debere.» Tradotto: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto.» È una dichiarazione forte, che va oltre la dimensione terrena: ogni voto è offerto nella consapevolezza del giudizio divino, nel segno della responsabilità e della coscienza personale. Dopo aver pronunciato il giuramento, il cardinale depone la scheda sopra un piattino e la fa scivolare solennemente all’interno dell’urna. Solo allora torna al proprio posto, lasciando che il silenzio del sacro spazio si richiuda alle sue spalle. Il gesto si ripete per ciascun elettore, in una coreografia carica di fede e storia. È il momento in cui la scelta umana si affida alla volontà divina, e la Chiesa si prepara a ricevere il nome del suo nuovo pastore. Un rituale antico, immutato nei secoli, che ancora oggi ci ricorda che, prima di essere un’elezione, il conclave è un atto di fede. Lo scrutinium ha radici profonde che risalgono al Medioevo, quando la Chiesa stabilì un metodo rigoroso per garantire l’integrità spirituale e la segretezza del conclave. Nel corso dei secoli, il rito si è perfezionato, ma ha conservato intatta la sua essenza: ogni voto deve essere espressione sincera della volontà di Dio, non frutto di pressioni esterne o logiche umane. Come sottolinea il professor Giovanni Maria Vian, storico del cristianesimo ed ex direttore de L’Osservatore Romano: «Il momento del voto non è solo un atto canonico, ma un’intensa dichiarazione di responsabilità davanti alla storia e alla coscienza personale. È il punto in cui la dimensione mistica e quella istituzionale della Chiesa si fondono in modo unico.» Questo rito, incorniciato dalla maestà artistica della Cappella Sistina, continua a parlare all’anima del mondo cattolico, ricordando che ogni nuovo Papa nasce da un voto fatto nella preghiera, nel silenzio e sotto lo sguardo eterno del Giudizio.

Nicola Incampo

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