martedì, 26 Novembre 2024

“Fin da bambina stai in equilibrio su un filo, ti fai strada tra due mondi ai quali non appartieni del tutto e appena vacilli, come adesso con questi quindici decibel in meno, perdi il filo e devi reimparare a sentire”.

Louise è nata sorda da un orecchio, e con l’altro che funziona a malapena. Per i primi trent’anni della sua vita ha mascherato questo handicap, in bilico tra normalità e sordità, nascondendo con i capelli l’apparecchio acustico che le sta abbarbicato sull’orecchio ancora sano come un piccolo cavalluccio marino. Ha imparato a leggere le labbra, a cercare di carpire il più possibile le parole e i suoni che la circondavano. O la bombardavano, quando suoni forti diventavano tonfi ed era difficile capire cosa fossero o da dove provenissero. Ora però anche l’orecchio con il quale affronta la quotidianità, quello che le permette di ascoltare brandelli di conversazioni, consonanti accennate e frasi smozzicate, ha un ulteriore deficit.

Inizia così Le meduse non hanno orecchie (Piemme, traduzione di Laura Bussotti) di Adèle Rosenfeld, un romanzo toccante e a tratti visionario sulla sofferta quotidianità di una ragazza sorda. Colpisce che l’autrice, proprio come la protagonista del romanzo, sia parzialmente sorda dalla nascita: un dato, questo, che conferisce ulteriore veridicità a una narrazione avvolgente.

“Ti sei costruita un’esistenza come udente, ma hai le stesse difficoltà dei sordi. Nessuno può rendersi conto di tutto questo, sei in una zona di confine invisibile”, spiega la logopedista a Louise.

Lei cerca di integrarsi nonostante difficoltà enormi. Accanto ha spesso un soldato e un cane aggressivo – visioni, ossessioni, allucinazioni? –, causa di situazioni spiacevoli. È stata assunta in Comune, come categoria protetta, eppure combatte una lotta estenuante: al carattere remissivo si aggiunge la freddezza, il distacco e talvolta le angherie dei colleghi. Da parte sua, è un continuo capire male o fingere di aver capito. È sperare che l’interlocutore non nasconda le labbra con la mano, preferire di essere considerata stupida dalla maestra di inglese piuttosto che sorda, e benedire le serate nei bar rumorosi dove, per qualche ora, sono tutti un po’ duri d’orecchie. Non le mancano l’ironia mentre attorno è come se fosse tutto un equivoco che lei comunque affronta con apparente leggerezza. È testarda, non vuole lasciarsi definire dalla sua disabilità, ma vuole essere lei a definirla: come una medusa, che non ha orecchie ma si muove più leggiadra di ogni altra creatura nel mare.

Bello, particolare, Le meduse non hanno orecchie – finalista al premio Goncourt opera prima e in corso di traduzione in tutti i principali paesi europei – squarcia un velo su una disabilità invisibile ed è proprio la narrazione puntuale di Louise che riesce ad aprire gli occhi su un problema che affligge moltissime persone.

La Rosenfeld è nata a Parigi nel 1986, a 35 anni pubblica questo suo primo romanzo. Prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato per dieci anni in editoria.

Rossella Montemurro

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