Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...
Donne che combattono per i propri sogni e lo fanno in contesti difficili, come nei primi anni Quaranta, in pieno conflitto bellico: riscoprirle significa rafforzarci, è un invito a non arrendersi e a continuare a battersi per sé stesse. Questo è l’insegnamento più bello sotteso al nuovo romanzo della scrittrice Silvia Montemurro, Le cicogne della Scala (Edizioni E/O). Una storia di resilienza, centrata su un universo femminile costellato di sorellanza e invidia, tra amicizie forti, madri anaffettive e uomini manipolatori.
Protagonista e io narrante è Violetta, una bambina che insieme alla sorella viene spinta dalla mamma a fare danza. E in effetti ha il talento da ballerina, il suo impegno e la sua grazia non sono passate inosservate il giorno in cui il maestro deve scegliere chi si esibirà in prima fila. Un incidente dai contorni poco chiari – Violetta cade dalle scale, probabilmente viene spinta – spezza improvvisamente tutti i suoi sogni. Neanche la caparbietà della madre, che si ostina a volerla far danzare con una caviglia rotta e non curata, cambia il corso del destino della ragazza che si ritroverà a lavorare come sarta al teatro La Scala per il costumista Caramba. Fiamma, invece, sua sorella, si trasferirà a Parigi diventando, lei sì, ballerina. Juliette, la madre, che era stata cantante all’Opéra National de Paris, è intrappolata in una relazione clandestina con un ballerino italiano – il papà di Violetta – e ha sempre avuto un debole per Fiamma, continuando quasi a compatire Violetta.
Le quinte della Scala diventano il luogo in cui ballerine e musicisti si appartano: ci sono amori che nascono e avventure che si consumano mentre Violetta, con la sua zoppia, intuisce quanto accade. Solo con Armando, un giovane violoncellista dell’orchestra, stringe un’amicizia sincera, senza doppi fini. In realtà, Armando è una ragazza, Amelia, che, fingendosi maschio, prova a ribellarsi alle convenzioni. Il vero amore sboccerà con Lorenzo ma la perfidia e la cattiveria umana contrasteranno in tutti i modi il loro legame.
Non solo, alle spalle di Violetta si snoda un rapporto esclusivo tra la madre e la sorella che scalfirà ulteriormente l’autostima della ragazza.
Come sempre accade leggendo un romanzo di Silvia Montemurro, si viene immersi in altre atmosfere e si entra in empatia con i personaggi, arricchendosi con storie significative. Lo stile, elegante e raffinato, fa sì che anche questo suo nuovo libro si distingua.
Cosa ti ha spinta a scrivere Le Cicogne della Scala?
“Durante una presentazione della mia Piccinina una lettrice mi ha detto: ‘Lo sai che mia mamma faceva la costumista alla Scala?’. Così ho iniziato a indagare. Tra l’altro mi diceva che la mamma prendeva degli scampoli degli abiti che appartenevano ai ballerini e agli attori e li portava a casa per farne dei vestiti”.
Quanto c’è di te in Violetta?
“Sicuramente c’è tanto di me in Violetta a partire dal disagio, dal vedere gli altri comunque superiori e più bravi, dal voler accontentare e rendere felici gli altri, come nel caso della madre.”
Uno dei personaggi che non si dimentica facilmente è Amelia. Hai preso spunto da un fatto di cronaca o è frutto della tua immaginazione?
“Amelia è il frutto della mia immaginazione perché conoscendo il maschilismo pesante che c’è alla Scala e nell’ambito della musica in generale – soprattutto per quanto riguarda le posizioni più importanti, come quella de direttore d’orchestra – mi sono chiesta cosa sarebbe successo se una donna si fosse fatta valere in quel senso nei primi del Novecento.”
Le donne che racconti nei tuoi romanzi sono sempre molto tormentate, sia psicologicamente sia fisicamente. Nora, la protagonista della Piccinina è balbuziente; Violetta, delle Cicogne della Scala è rimasta zoppa dopo una brutta caduta da adolescente. Perché scegliere che avessero un handicap?
“Tutti noi abbiamo un handicap in qualcosa, evidente o meno. Tutti noi possiamo ritrovarci perché non esiste una persona perfetta. Anche avere poca capacità di ascolto o sentirvi sempre elevati è un handicap.”
Hai scritto tanti romanzi con donne protagoniste. Qual è, finora, quello che ti è più caro?
“Il romanzo che ho più caro è sempre quello che sto scrivendo, questo lo diceva una mia collega e amica e aveva completamente ragione. È quello che deve ancora arrivare, e dunque quello che sto scrivendo adesso è la storia che mi appartiene di più.”
La storia, la musica e le donne sono tre costanti dei tuoi libri. In questo tuo nuovo romanzo c’è anche la danza. Quanto ti appartiene questa disciplina?
“A differenza della musica, la danza non i appartiene. Ho frequentato in passato corsi di danza e ho ballato per anni per puro divertimento. Per me la danza è un bellissimo modo per comunicare, mi affascina molto.”
Accanto ai contenuti, sempre forti e coinvolgenti, i tuoi romanzi hanno un valore intrinseco e una bellezza stilistica che li distingue. Questo, che è un innegabile valore aggiunto, può però essere anche una caratteristica sfavorevole in un mercato editoriale che predilige testi che hanno ben poco di “letterario” – si pensi a quelli firmati da influencer?
“Sono fortemente convinta che tutti i testi abbiano qualcosa di letterario se sono scritti da una persona che ha un certo tipo di sensibilità. Non riesco a fare la distinzione tra testo letterario e testo commerciale, è un battaglia che intendo portare avanti, nel senso che non esiste letteratura di serie A e di serie B. Tutto ciò che si scrive, e viene apprezzato e recepito, è letteratura. Ci sono dei casi ovviamente più eclatanti dove non c’è l’aspetto letterario ma quello della fama e io non li considero neanche, sono outsider al sistema. Secondo me non è una caratteristica sfavorevole avere un valore intrinseco e non lo sarà mai: non bisogna pensare che il lettore sia scemo ma bisogna onorare la capacità del lettore di comprendere, di capire quello che è un buon testo.”
Silvia Montemurro, classe 1987, vive a Chiavenna, piccolo paese in provincia di Sondrio. Nota anche come autrice Young Adult – tantissime le visualizzazioni sulla piattaforma Wattpad di Shake My Colors (Sperling & Kupfer) tra il 2016 e il 2017, si è affacciata nel mondo dell’editoria nel 2013 con L’inferno avrà i tuoi occhi (Newton Compton), segnalato dal comitato di lettura del Premio Calvino. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Cercami nel vento (Sperling & Kupfer), che ha ottenuto il secondo posto al Premio Letterario Under 30 Città di Como e il Premio Pegaso Città di Cattolica. Ha pubblicato per Rizzoli I fiori nascosti nei libri e La casa delle farfalle. Nel 2022 è uscito Trovami nel sole (Sperling & Kupfer). Per Salani ha pubblicato L’orchestra rubata di Hitler e per E/O La Piccinina.