Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...
Mi è capitato molte volte, e soprattutto alle superiori, di commentare la creazione dell’uomo con le parole di Sofocle.
“Molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uomo. La razza spensierata degli uccelli e delle fiere selvatiche, le stirpi e le creature marine dei flutti, nei lacci delle sue reti avviluppa e fa preda l’uomo, molto ingegnoso”.
Lo splendore dell’uomo, capolavoro di Dio, è una certezza professata in tutte le culture.
Infatti le parole di Sofocle esprimono con chiarezza l’eterno stupore che l’uomo prova quando diventa cosciente della sua grandezza.
Avete mai riflettuto che anche la Sacra Scrittura si ferma stupita di fronte a questa creatura che porta in sé il sigillo così alto del suo Creatore: “Ti lodo, o Signore, che mi hai fatto come un prodigio!”.
Sarà capitato pure a voi che mi leggete, di ammirare una notte stellata, davanti alle meraviglie cosmiche e di domandarsi: “Che cos’è mai l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno di Dio, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi!” (Salmo 8, 5-7).
Sarà capitato pure a voi di chiedervi: “Ma Dio cosa ha pensato quando ha creato l’uomo?”
Io la risposta l’ho trovata nel romanzo “La cripta dei Cappuccini” del grande Joseph Roth.
Joseph Roth nato il 1894 e morto il 1939 è stato uno scrittore e giornalista austriaco.
Roth più tardi raccontò di avere sofferto povertà e miseria.
Si mostrava ottimista e cominciò con slancio lo studio della letteratura tedesca. Sostenne con ottimi risultati gli esami e si fece conoscere e apprezzare dai professori.
In seguito giudicò in modo completamente negativo studenti e compagni di università.
Il brano è il seguente: “Nell’istante in cui potei prendere tra le braccia mio figlio, provai un lontano riflesso di quell’ineffabile sublime beatitudine che dovette colmare il Creatore il sesto giorno, quando Egli vide la sua opera imperfetta pur tuttavia compiuta.
Mentre tenevo tra le mie braccia quella cosina minuscola, urlante, brutta, paonazza, sentivo chiaramente quale mutamento stava avvenendo in me.
Per piccola, brutta e rossastra che fosse la cosa tra le mie braccia, da essa emanava una forza indicibile”.
Il libro della Genesi, però, cerca di scoprire ulteriormente la radice di questa grandezza e lo fa attraverso una celebre espressione scandita due volte: l’uomo è “immagine e somiglianza” di Dio.
Questo significa che l’uomo è come Dio, ma non è Dio.
In conclusione la via privilegiata per conoscere Dio è l’uomo perché è la rappresentazione più somigliante.
E non dimenticate mai le parole di Pascal: “L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutte la natura, ma è una canna pensante…”
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica