venerdì, 5 Dicembre 2025

Nel mondo moderno, dove ogni giorno ci sentiamo sovrastati da problemi globali e decisioni che ci sembrano fuori dalla nostra portata, può sorprendere quanto possa insegnarci una semplice storia raccontata, tanti anni fa, da un sacerdote di montagna diventato poi papa: Albino Luciani, il futuro Giovanni Paolo I. Una storiella che non ha bisogno di grandi scenari per farsi universale, e che ancora oggi si rivela di un’attualità sconcertante.

Un artista di strada teneva tra le mani un piccolo uccello. Davanti al pubblico, sorridendo, chiese: ‘Secondo voi, è vivo o morto?’

Un bambino tra la folla rispose: ‘Dipende da te. Se lo stringi, muore. Se lo lasci andare, vive.’

Nessuna predica, nessuna morale dichiarata. Solo un’immagine. Ma come accade con le vere parabole, è proprio nella sua essenzialità che questa storia colpisce, sfida, lascia qualcosa che continua a lavorare dentro.

Albino Luciani era noto per la sua capacità di parlare in modo semplice senza mai cadere nella banalità. Amava le immagini tratte dalla vita quotidiana e le adoperava con intelligenza pedagogica, soprattutto nei contesti pastorali. Non stupisce, quindi, che usasse questa storiella in occasione del battesimo: un rito che segna un inizio, ma anche un affidamento. Un bambino viene consegnato a una comunità, e con lui la sua crescita umana e spirituale. La sua fede, il suo sviluppo, la sua libertà — tutto, in una certa misura, è “nelle mani” di altri.

Ed è qui che la storiella acquista spessore. L’uccellino che vive o muore non è solo un simbolo della vita fisica. È una rappresentazione della fragilità della libertà, della delicatezza della fiducia, della responsabilità che comporta avere potere — su una persona, su una situazione, sul futuro.

Non si può non pensare, per esempio, ai genitori, agli educatori, agli insegnanti, ai responsabili pubblici: tutti coloro che, nel loro ruolo, hanno tra le mani qualcosa di vivo. E possono, nel modo in cui agiscono, o aiutare quel “qualcosa” a volare… o soffocarlo, anche senza accorgersene.

Il gesto dell’artista — che tiene tra le mani un essere vivente — racchiude una tensione che ogni essere umano prima o poi sperimenta: come tenere senza stringere? Come amare senza possedere? Come guidare senza controllare?

Viviamo in una cultura che ci spinge costantemente al controllo: vogliamo risultati certi, relazioni stabili, carriere prevedibili, sicurezza a ogni costo. Ma la vita vera non si lascia imbrigliare. Come l’uccello nella mano, ha bisogno di spazio, di fiducia, di respiro. E questo comporta anche il rischio che voli via, che si allontani, che si perda. Ma l’alternativa — stringere per paura — è peggiore: equivale a soffocare ciò che volevamo proteggere.

Questa tensione è forse una delle sfide più alte dell’esperienza umana: saper custodire senza dominare, saper lasciare andare senza abbandonare.

Il bambino nella storia risponde con poche parole, ma la sua risposta ribalta completamente la dinamica della domanda. Non si tratta di indovinare, ma di riconoscere che la risposta non è nel futuro, ma nel presente. Non è nel destino, ma nella decisione.

 “Dipende da te” è una frase che pesa. Perché ci spoglia di ogni alibi. Ci ricorda che, per quanto il mondo sia complesso, la nostra libertà — per quanto piccola — è reale. E comporta conseguenze.

In un tempo storico in cui è sempre più facile delegare le colpe (alla società, al governo, alla Chiesa, ai genitori, al sistema), questa storiella ci restituisce alla nostra dignità: non quella astratta del “tutto è possibile”, ma quella concreta del “io posso fare la mia parte, qui e ora”.

La responsabilità non è il peso della colpa, ma la possibilità di essere protagonisti consapevoli della vita.

La bellezza della storiella raccontata da Luciani è che parla a tutti, credenti e non. Ma dentro di essa pulsa anche un messaggio profondamente cristiano: la vita è un dono, e come tale va trattata. Non ci appartiene, ma ci viene affidata. Non siamo padroni dell’altro, nemmeno dei nostri figli, dei nostri successi o delle nostre idee. Siamo custodi.

Nella spiritualità cristiana, l’immagine del “Dio che affida” attraversa tutta la Scrittura: Adamo ed Eva ricevono il giardino, non lo costruiscono; i discepoli ricevono il Vangelo da portare nel mondo, non lo inventano; persino Gesù, nel Vangelo di Giovanni, dice di aver “custodito” coloro che il Padre gli ha dato.

In questo senso, l’uccellino nella mano dell’artista è anche un’immagine del rapporto tra l’uomo e Dio, tra Dio e il mondo. Il potere che ci viene dato è sempre un potere per, mai un potere su.

Giovanni Paolo I, pur avendo regnato per soli 33 giorni, ha lasciato un’impronta profonda. Non tanto per le riforme che non ha potuto avviare, quanto per il suo stile: vicinanza, umiltà, essenzialità.

La sua spiritualità era radicata nella concretezza della vita quotidiana. Non amava i grandi discorsi teorici, ma preferiva le immagini, le storie, gli esempi che potessero raggiungere tutti, senza mediazioni. In questo, ricordava da vicino il modo di insegnare di Gesù.

Non è un caso che, negli ultimi anni, si sia assistito a una riscoperta del suo pensiero, culminata con la sua beatificazione nel 2022. In tempi di disincanto e disillusione, la sua voce mite torna a dire qualcosa di essenziale: la verità non ha bisogno di urlare per essere ascoltata.

La storiella dell’uccellino è ancora oggi un monito e un invito. Nelle nostre mani ci sono molte vite, anche se non sempre ce ne accorgiamo. Nelle mani di un genitore, di un medico, di un insegnante, di un amministratore, persino di un semplice cittadino, passano ogni giorno possibilità di bene o di male.

Non possiamo sempre determinare il corso degli eventi. Ma possiamo scegliere come agire: se stringere per paura o aprire per amore.

In un mondo che corre, che calcola, che accumula, che spesso ferisce, una voce umile ci ricorda: “Dipende da te.”

E se anche solo una volta al giorno ci fermassimo a pensarci davvero, forse già qualcosa cambierebbe. Non tutto. Ma qualcosa sì. E non sarebbe poco.

Nicola Incampo

Pubblicità
Pubblicità
Copy link