Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...
Una società può dirsi veramente civile quando sa vivere in modo solidale.
Tuttavia, nella società attuale, fondata sulla logica del profitto, prevale una mentalità individualistica; infatti dominano l’egoismo e la non curanza per i problemi altrui, cosicché i più deboli – poveri e ammalati, giovani ed anziani – vengono spesso relegati ai margini della società.
In tale contesto, umanamente impoverito, occorrere far riemergere l’altruismo e la generosità.
Il recupero di tali valori è fondamentale: la condivisione solidale è un dovere di tutti.
D’altra parte, essere buoni cittadini significa farsi anche carico dei più deboli.
Tuttavia, la solidarietà, non può essere ridotta ad un occasionale atto di elemosina, essa è un dovere sociale, un atto di giustizia necessario per costruire la fraternità umana.
Inoltre, il servizio agli altri e la solidarietà verso i poveri e gli emarginati è la prima forma di carità cristiana.
È un donare e un donarsi gratis senza pretendere nulla in cambio.
Per noi cristiani, la solidarietà ha la sua naturale sorgente nella carità di Cristo Gesù.
A tale proposito, San Paolo si rivolge ai cristiani dicendo: “La vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza” (Cfr. 2 Corinti 8, 14), sollecitando a vivere generosamente secondo lo Spirito di Cristo.
Avete mai riflettuto che la società globalizzata è oggi caratterizzata dai flussi dei migranti.
Un fenomeno che coinvolge tutta l’Europa.
Paesi di tradizione cristiana, come l’Italia, si trovano ad affrontare l’arrivo di molte persone di culture e religione diverse.
È un fenomeno che richiede capacità di accoglienza, ma soprattutto per grande umanità.
Gli immigrati, per lo più extracomunitari – cioè non appartenenti alla all’Unione Europea –, provengono in genere dall’Africa, Asie e America Latina.
Essi lasciano il loro Paese in cerca di lavoro o di condizioni di vita più favorevole.
Tra di essi, ci sono molti in fuga dalla guerra con le famiglie intere.
Sono persone desiderose di trovare ospitalità nei Paesi europei, portando con sé diverse esperienze culturali e religiose.
Pertanto, mentre urgere promuovere una cultura dell’accoglienza che riconosca lo straniero come fratello, occorre anche creare una cultura dell’integrazione.
Un’autentica accoglienza, infatti, non rinnega il valore delle proprie tradizioni culturali e religiose, ma sa proporle come momento costruttivo di confronto e integrazione.
Di fronte a queste nuove sfide, anche noi cristiani siamo chiamati a vivere atteggiamenti concreti di fraterna solidarietà.
I cristiani, vivendo in fondo la loro fede in Gesù Cristo, saranno in grado di offrire un’accoglienza generosa fondata sull’amore del prossimo.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la Pastorale Scolastica