mercoledì, 27 Novembre 2024

Quando ero piccolo frequentavo la parrocchia della Madonna del Carmine, comunemente detta da noi grassanesi il Convento.

il Convento era tenuto dai frati minori.

Ero chierichetto, e avevo un registro dove appuntavo tutte le presenze e i punti dei chierichetti.

Eravamo tanti, si facevano i turni per garantire la presenza in tutte le funzioni.

in base al ruolo che si occupava c’era il punteggio.

Ad esempio chi portava la croce aveva il massimo punteggio, seguito da chi serviva la Messa, e poi a scendere, tutti gli altri.

Ricordo che una volta il Parroco mi chiese di andare con lui, perché era stato chiamato da un signore anziano.

Il Parroco si mise la “cotta”, io mi vestii da chierichetto, ed andammo a far visita a quell’anziano.

Avevo non più di sette anni, quell’occasione mi faceva sentire grande.

Il vecchietto era solo.

E questo mi mise una tristezza, che si stava trasformando in paura.

Il vecchietto prese un’altra sedia, perché ne teneva solo due e mi fece sedere vicino al camino con loro.

Improvvisamente sparì quel senso di paura e si sovrappose un senso di orgoglio: venivo trattato da grande grande.

“Zizij – incominciò il vecchietto con il diminutivo con cui noi grassanesi chiamavamo i sacerdoti – sento che sono alla fine dei miei giorni. Mi diminuiscono le forze, mi rendo conto che non reagisco più alle medicine. Bisogna che mi stacchi dalla vita con serenità, dando ai miei figli l’esempio di accettare la legge universale che la vita deve un bel giorno finire. E’ una cosa naturale. Io ho vissuto 78 anni: adesso sono pronto per partire per il grande viaggio.”

Mi impressionò la calma di quel vecchio.

“Prima di confessarmi voglio dirvi che voglio dirvi che ho amato Dio e i miei figli”.

Zizij mi fece entrare nell’altra stanza e confessò il vecchietto.

Vi dirò dopo quell’esperienza ho amato ancora di più la mia vita, e non ho mai avuto paura della morte, perché quel vecchietto mi ha fatto capire che bisogna “aspettarla”.

E a pensare che noi crediamo nell’immortalità dell’anima e spesso ci lasciamo prendere dall’atmosfera della civiltà materialista in cui viviamo: la morte, il distacco dalle cose della terra, ci appare come il male peggiore.

Secondo il Vangelo non è così.

“Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima. Temete piuttosto colui che può far perire corpo e anima nella Geenna” (Matteo 10, 28).

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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