giovedì, 28 Novembre 2024

A Matera il 30 la Giornata della Prevenzione Senologica e Ginecologica

La Fondazione Francesca Divella, in collaborazione con il Comune di Matera e l'associazione "Una stanza per un sorriso - Sostiene i pazienti oncologici", è lieta di annunciare la "Giornata della prevenzione senologica e ginecologica", un evento dedicato alla salute e...

Oggi vorrei fare una riflessione sulla Croce e la vorrei fare partendo da quello che disse Papa Francesco il 4 aprile 2014.

“Il Cristianesimo non è una dottrina filosofica, non è un programma di vita per sopravvivere, per essere educati, per fare la pace. Queste sono conseguenze. Il Cristianesimo è una persona, una persona innalzata sulla Croce, una persona che annientò se stessa per salvarci; si è fatta peccato. E così come nel deserto è stato innalzato il peccato, qui è stato innalzato Dio, fatto uomo e fatto peccato per noi.

E tutti i nostri peccati erano lì. Non si capisce il Cristianesimo senza capire questa umiliazione profonda del Figlio di Dio, che umiliò se stesso facendosi servo fino alla morte e morte di Croce, per servire”.

Mi verrebbe da dire che un Cristianesimo senza Croce è come un abbraccio senza amore, o come una stagione senza sole o addirittura come un cammino senza meta.

E’ vero: un Cristianesimo senza Croce è un Cristianesimo inutile, è un Cristianesimo ferito, è un Cristianesimo vuoto.

Come si fa a non capire, per esempio, che dalla Croce di Cristo sgorga per ogni uomo la salvezza, giacché per la Croce rinasce sempre la speranza e si riabilita l’umanità ferita e spesso angosciata.

La Croce non è un ornamento da mettere sul petto o da mettere ai muri delle nostre abitazioni, ma è il mistero dell’amore di Dio.

E’ cosa davvero bella rendersi conto che proprio dalla Croce si attinge l’amore distillato del nostro Salvatore.

Noi uomini per sapere veramente chi è Dio dobbiamo necessariamente inginocchiarci ai piedi della Croce, perché la Croce è l’Everest dell’amore di Dio.

Ricordo che molti anni fa un sacerdote disse a noi chierichetti queste parole: “Guardare la Croce significa leggere l’intensità e la modalità con le quali Dio dice di amarmi”.

Da grande ho capito che questo amore di Dio non si risolve in parole o in promesse più o meno vaghe, ma si esprime e si manifesta nei fatti: in Cristo, Dio toglie qualcosa a se stesso per darlo a noi.

Si umilia, accetta la derisione, l’esclusione, la soppressione eppure non si lamenta, anzi perdona.

In conclusione vorrei dire che la Croce è la cattedra più alta e nobile del Cristianesimo, la cattedra sulla quale solo Dio è “Professore”, perché solo lui l’ha sperimentata, perché da quella cattedra ha insegnato non a parole, ma col dono di sé stesso.

Ama da morire e muore d’amore.

Così, sempre Papa Francesco, il 14 aprile 2014: “Vai a cercarlo lì, nelle piaghe del Signore, e il tuo peccato sarà guarito, le tue piaghe saranno guarite, il tuo peccato sarà perdonato. Il perdono che ci dà Dio non è cancellare un conto che noi abbiamo con Lui: il perdono che ci dà Dio sono le piaghe del suo Figlio sulla Croce, innalzato sulla Croce. Che Lui ci attiri verso di Lui e che noi ci lasciamo guarire”.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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