Nel rispetto dei diritti delle persone indagate e della presunzione di innocenza, per quanto risulta allo stato attuale, salvo ulteriori approfondimenti e in attesa del giudizio, si comunica quanto segue. La Polizia di Stato di Matera ha dato esecuzione al...
Oggi vorrei fare una riflessione sulla Croce e la vorrei fare partendo da quello che disse Papa Francesco il 4 aprile 2014.
“Il Cristianesimo non è una dottrina filosofica, non è un programma di vita per sopravvivere, per essere educati, per fare la pace. Queste sono conseguenze. Il Cristianesimo è una persona, una persona innalzata sulla Croce, una persona che annientò se stessa per salvarci; si è fatta peccato. E così come nel deserto è stato innalzato il peccato, qui è stato innalzato Dio, fatto uomo e fatto peccato per noi.
E tutti i nostri peccati erano lì. Non si capisce il Cristianesimo senza capire questa umiliazione profonda del Figlio di Dio, che umiliò se stesso facendosi servo fino alla morte e morte di Croce, per servire”.
Mi verrebbe da dire che un Cristianesimo senza Croce è come un abbraccio senza amore, o come una stagione senza sole o addirittura come un cammino senza meta.
E’ vero: un Cristianesimo senza Croce è un Cristianesimo inutile, è un Cristianesimo ferito, è un Cristianesimo vuoto.
Come si fa a non capire, per esempio, che dalla Croce di Cristo sgorga per ogni uomo la salvezza, giacché per la Croce rinasce sempre la speranza e si riabilita l’umanità ferita e spesso angosciata.
La Croce non è un ornamento da mettere sul petto o da mettere ai muri delle nostre abitazioni, ma è il mistero dell’amore di Dio.
E’ cosa davvero bella rendersi conto che proprio dalla Croce si attinge l’amore distillato del nostro Salvatore.
Noi uomini per sapere veramente chi è Dio dobbiamo necessariamente inginocchiarci ai piedi della Croce, perché la Croce è l’Everest dell’amore di Dio.
Ricordo che molti anni fa un sacerdote disse a noi chierichetti queste parole: “Guardare la Croce significa leggere l’intensità e la modalità con le quali Dio dice di amarmi”.
Da grande ho capito che questo amore di Dio non si risolve in parole o in promesse più o meno vaghe, ma si esprime e si manifesta nei fatti: in Cristo, Dio toglie qualcosa a se stesso per darlo a noi.
Si umilia, accetta la derisione, l’esclusione, la soppressione eppure non si lamenta, anzi perdona.
In conclusione vorrei dire che la Croce è la cattedra più alta e nobile del Cristianesimo, la cattedra sulla quale solo Dio è “Professore”, perché solo lui l’ha sperimentata, perché da quella cattedra ha insegnato non a parole, ma col dono di sé stesso.
Ama da morire e muore d’amore.
Così, sempre Papa Francesco, il 14 aprile 2014: “Vai a cercarlo lì, nelle piaghe del Signore, e il tuo peccato sarà guarito, le tue piaghe saranno guarite, il tuo peccato sarà perdonato. Il perdono che ci dà Dio non è cancellare un conto che noi abbiamo con Lui: il perdono che ci dà Dio sono le piaghe del suo Figlio sulla Croce, innalzato sulla Croce. Che Lui ci attiri verso di Lui e che noi ci lasciamo guarire”.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica