Non ce l'ha fatta Alisea Montanaro, la diciottenne ricoverata in prognosi riservata all’ospedale San Carlo di Potenza dopo essere rimasta coinvolta in un incidente stradale nei pressi del circolo tennis di Pisticci. Nello scontro, avvenuto il giorno di Pasqua, ha...
Nessuno di noi è tanto ricco da non aver bisogno degli altri e nessuno è tanto povero da non aver nulla da dare.
In questa occasione vi voglio raccontare l’Apologo di un clown, in Diapsalmata (Enter-Eller, I) di Søren Kierkegaard (1813-1855), filosofo, teologo e scrittore danese.
«Capitò, tanto tempo fa che in un circo viaggiante in Danimarca si sia sviluppato un incendio. Nella fretta e nella concitazione, il direttore, per implorare il necessario aiuto, inviò al vicino paese il primo artista che gli capitò a tiro. Si trattava del clown che già abbigliato per lo spettacolo. Questi, arrivò in paese tutto affannato e supplicò gli abitanti di accorrere per dare una mano a spegnere quell’incendio che se si fosse propagato avrebbe potuto aggredire le stesse case del villaggio. Ma le grida e le smorfie del clown furono interpretate come un astuto trucco del mestiere. Lo applaudivano e ridevano fino alle lacrime. Il povero clown tentò inutilmente di spiegare che non si trattava affatto di una finzione, di un trucco, bensì di un’amara realtà, e li scongiurò a muoversi per tutelare spettacolo e lavoro. Il suo pianto, però, non fece altro che intensificare le risate, così che la commedia continuò così fino a che il fuoco raggiunse realmente il villaggio quivi creando scompiglio e disperazione. La commedia, così, mutò in tragedia: il paese restò bruciato e senza più spettacolo, restarono i circensi senza più lavoro».
Ai partecipanti alla seconda Conferenza Internazionale sulla nutrizione, Papa Francesco ha affermato che “Quando in un paese manca la solidarietà, ne risentono tutti. Di fatto, questo è la solidarietà: l’atteggiamento che rende le persone capaci di andarsi reciprocamente incontro e di fondare i propri rapporti su quel sentimento di fratellanza che va al di là delle differenze e dei limiti, ma che spinge a cercare insieme il bene comune”.
Il mondo cambierà direzione solo se cambia il modo di approcciarci gli uni gli altri.
Solo l’amore possiede la forza ed è la leva che può sollevare il mondo.
La miopia da cui tutti siamo contagiati nel non voler vedere le necessità dei fratelli ci porta all’esasperazione dell’individualismo e alla dittatura del tornaconto.
Solo il collirio dell’amore e della fraternità ci possono purificare la vista e propiziarci lo sguardo e il cuore necessari a farci prossimo, a soccorrere, a risolvere le difficoltà e a superare le distanze alle quali sono costretti i più bisognosi.
Far finta di non capire ci porta alla sterilità del cuore e dell’indifferenza che comportano mancata attenzione, disinteresse, non intervento, quindi morte.
Noi però, per mandato evangelico, siamo chiamati ad essere il popolo della vita, della speranza e della risurrezione. Per tutti, naturalmente.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica