giovedì, 28 Novembre 2024

Emergenza idrica: nuovo rapporto Arpab sull’acqua potabilizzata

“Il campione analizzato non presenta superamenti dei valori ed è in linea con i risultati del precedente prelievo”. L’Arpab, su mandato dell’Azienda sanitaria di Potenza, ha analizzato le acque in uscita dal potabilizzatore di Masseria Romaniello attraverso un...

Nessuno di noi è tanto ricco da non aver bisogno degli altri e nessuno è tanto povero da non aver nulla da dare.

In questa occasione vi voglio raccontare l’Apologo di un clown, in Diapsalmata (Enter-Eller, I) di Søren Kierkegaard (1813-1855), filosofo, teologo e scrittore danese.

«Capitò, tanto tempo fa che in un circo viaggiante in Danimarca si sia sviluppato un incendio. Nella fretta e nella concitazione, il direttore, per implorare il necessario aiuto, inviò al vicino paese il primo artista che gli capitò a tiro. Si trattava del clown che già abbigliato per lo spettacolo. Questi, arrivò in paese tutto affannato e supplicò gli abitanti di accorrere per dare una mano a spegnere quell’incendio che se si fosse propagato avrebbe potuto aggredire le stesse case del villaggio. Ma le grida e le smorfie del clown furono interpretate come un astuto trucco del mestiere. Lo applaudivano e ridevano fino alle lacrime. Il povero clown tentò inutilmente di spiegare che non si trattava affatto di una finzione, di un trucco, bensì di un’amara realtà, e li scongiurò a muoversi per tutelare spettacolo e lavoro. Il suo pianto, però, non fece altro che intensificare le risate, così che la commedia continuò così fino a che il fuoco raggiunse realmente il villaggio quivi creando scompiglio e disperazione. La commedia, così, mutò in tragedia: il paese restò bruciato e senza più spettacolo, restarono i circensi senza più lavoro».

Ai partecipanti alla seconda Conferenza Internazionale sulla nutrizione, Papa Francesco ha affermato che “Quando in un paese manca la solidarietà, ne risentono tutti. Di fatto, questo è la solidarietà: l’atteggiamento che rende le persone capaci di andarsi reciprocamente incontro e di fondare i propri rapporti su quel sentimento di fratellanza che va al di là delle differenze e dei limiti, ma che spinge a cercare insieme il bene comune”.

Il mondo cambierà direzione solo se cambia il modo di approcciarci gli uni gli altri.

Solo l’amore possiede la forza ed è la leva che può sollevare il mondo.

La miopia da cui tutti siamo contagiati nel non voler vedere le necessità dei fratelli ci porta all’esasperazione dell’individualismo e alla dittatura del tornaconto.

Solo il collirio dell’amore e della fraternità ci possono purificare la vista e propiziarci lo sguardo e il cuore necessari a farci prossimo, a soccorrere, a risolvere le difficoltà e a superare le distanze alle quali sono costretti i più bisognosi.

Far finta di non capire ci porta alla sterilità del cuore e dell’indifferenza che comportano mancata attenzione, disinteresse, non intervento, quindi morte.

Noi però, per mandato evangelico, siamo chiamati ad essere il popolo della vita, della speranza e della risurrezione. Per tutti, naturalmente.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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