Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...
Il prossimo 25 marzo, durante la celebrazione della Penitenza nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco consacrerà la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria.
E il portavoce della Santa Sede, ha dichiarato che “lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto a Fatima dal cardinale Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità, come inviato del Santo Padre”.
Sembrerebbe che siano stati i vescovi ucraini di rito latino a chiedere al Santo Padre, di compiere il solenne gesto nella speranza che sia salvifico come da profezia.
Quale profezia?
Tutti sappiamo che la Madonna apparve a Fatima il 13 maggio 1917 e disse ai tre pastorelli: “Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”.
Perché proprio il giorno dell’Annunciazione?
Il termine “Annunciazione” definisce l’incontro tra Maria e l’arcangelo Gabriele nel piccolo borgo di Nazareth.
L’incontro sicuramente è destinato a cambiare completamente le sorti dell’umanità, in quanto fu in quell’occasione che l’Arcangelo, messaggero di Dio, annunciò appunto alla fanciulla l’imminente nascita del Messia.
È commovente il passo del Vangelo che lo descrive.
Maria era una ragazzina di 14-15 anni.
Viveva in un piccolo villaggio, non più di cinquecento abitanti, e faceva tutto quello che facevano le ragazze del suo tempo: andava a prendere l’acqua al pozzo, lavava i panni al fiume, cucinava, andava al mercato, aiutava a coltivare i campi.
Una piccola donna nascosta, insignificante agli occhi del mondo.
Eppure Dio vede in questa ragazzina dei tesori di bontà, di dedizione, di amore e la sceglie come mamma del suo Figlio.
Avete mai riflettuto che il giudizio di Dio non è mai il nostro giudizio!
Noi sicuramente avremmo scelto una donna colta, nobile, ricca.
L’angelo rivela a Maria il progetto di Dio nei suoi riguardi e Maria lo accetta umilmente
L’Annunciazione rappresenta forse il più alto e importante momento di incontro tra l’umano e il divino, e per questo entrambi i protagonisti hanno uguale valore. Maria simboleggia l’attesa di Israele che trova finalmente compimento nell’arrivo del Salvatore.
In Maria la Salvezza è già una realtà, nell’istante stesso in cui la sua promessa viene pronunciata: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.” (Luca 1, 31-33).
La sua grandezza sta qui: ha realizzato nella sua piccola vita, con grandi sacrifici e rinunzie il piano di Dio.
È del mistero dell’Incarnazione del Verbo che stiamo parlando, ovvero la certezza che Gesù Cristo si è incarnato nel grembo di Maria Vergine.
Per questo l’Annunciazione era chiamata anticamente festa della Divina Incarnazione.
Un concetto imprescindibile per i cristiani, che tuttavia generò molti disaccordi nell’antichità.
Alla fine, dopo le proposte e le dissertazioni riguardo l’Incarnazione e la natura di Gesù che vennero discusse nel Primo Concilio di Nicea nel 325, nel Concilio di Efeso nel 431 e nel Concilio di Calcedonia nel 451, venne dichiarato che Gesù è pienamente Dio, e come tale incarnazione della seconda persona della Santissima Trinità, generato e non creato dal Padre, è pienamente uomo, nato da Maria Vergine, fattosi carne.
Tutto ciò che divergeva da questo pensiero venne definito eresia.
Ecco perché bisogna sempre chiedere a Dio: “Cosa vuoi che io faccia?”
Com’è bello, cari amici che mi leggete, pensare che ciascuno di noi è veramente amato da Dio, ciascuno di noi ha una sua vocazione, una chiamata di Dio, un progetto da realizzare.
Siamo tutti amati dal Signore allo stesso modo.
Dio non vuole più bene all’uno che all’altro.
Siamo tutti sue creature allo stesso modo.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica