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Oggi voglio pararvi di dom Pedro Casaldaliga, il Vescovo dei dimenticati.
Dom Pedro Casaldaliga era un vescovo clarettiano, cioè appartenente alla congregazione “Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria”.
All’età di 92 anni, dopo una lunga malattia, muore dom Pedro Casaldaliga, vescovo emerito di Xingú do Araguaia, nello stato brasiliano di Mato Grosso.
Di origine spagnola e membro della congregazione dei missionari clarettiani, è stato vero discepolo, un vero missionario di Gesù e uno dei più ostinati difensori dei diritti umani, soprattutto dei popoli indigeni e dei contadini senza terra.
Dom Pedro Casaldaliga, un vescovo che, nella sua lotta per le comunità povere e indigene, ha dovuto affrontare la dittatura militare, i potenti proprietari terrieri locali, “a piedi nudi sulla terra rossa” è ora a piedi nudi nella Casa del Padre.
Dom Pedro Casaldáliga è nato a Barcellona, Spagna, il 16 febbraio 1928. È entrato a far parte della Congregazione Clarettiana nel 1943. Ordinato sacerdote a Barcellona nel 1952, nel 1968 si trasferisce in Brasile per fondare una missione clarettiana nello Stato del Mato Grosso, una regione con un alto grado di analfabetismo, emarginazione sociale e concentrazione di terre nelle mani di pochi latifondisti, dove gli omicidi erano comuni. Papa Paolo VI lo ha nominato vescovo prelato di São Félix do Araguaia il 27 agosto 1971.
Don Pedro è stato uno dei più noti praticanti della teologia della liberazione.
Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Premio Internazionale Catalogna nel 2006. Era ben noto per il suo lavoro a sostegno delle popolazioni indigene. Ha pubblicato almeno dieci volumi di poesie.
Papa Francesco, nella sua Esortazione Apostolica Post-Sinodale Cara Amazzonia, pubblicata il 12 febbraio 2020, ha citato una delle sue poesie, “Carta del navigatore (da Tocantin amazzonico)” nel El tiempo y la espera, Santander, 1986.
La sua attività di vescovo aveva le seguenti caratteristiche:
- Evangelizzazione legata alla promozione umana e alla difesa dei diritti umani dei più poveri;
- Creazione di comunità ecclesiali di base con leader scelti tra i poveri;
- Incarnazione nella vita, nelle lotte e nelle speranze della gente;
- Struttura partecipativa e corresponsabile nella diocesi.
- Come vescovo ha adottato come motto per la sua attività pastorale: “niente da possedere, niente da portare, niente da chiedere, niente da tacere e, soprattutto, non uccidere”.
Negli anni ’70, ha contribuito a fondare il Consiglio Indigenista Missionario (Cimi).
Dom Pedro è stato l’obiettivo di numerose minacce di morte.
L’episodio più grave, il 12 ottobre 1976, ebbe luogo a Ribeirão Cascalheira (Mato Grosso). Dopo essere stato informato che due donne stavano subendo torture presso la stazione di polizia locale, è andato lì accompagnato dal sacerdote gesuita João Bosco Penido Burnier.
Dopo una forte discussione con la polizia, padre Burnier ha minacciato di denunciare i poliziotti alle autorità: è stato picchiato e poi ucciso con un colpo alla nuca. In quel luogo fu eretta una chiesa.
Dom Pedro, che soffriva di morbo di Parkinson, nel 2005 ha presentato le dimissioni. Il 2 febbraio 2005, Papa Giovanni Paolo II ha accettato le sue dimissioni dal governo pastorale della Prelatura di São Félix do Araguaia.
Qualche anno fa incontrai un Padre Clarettiano che lo aveva conosciuto e mi disse: “Lo ricordo nella sua poltrona bassa, sempre inclinato verso destra, con le mani tremanti e gli occhi sempre avvolgenti e il suo panno giallo per asciugarsi la saliva che a volte gli sfuggiva dagli angoli della bocca, mentre cercava di balbettare alcune parole, che capivamo solo con la «traduzione» di Saraiva o Valenzuela, due suoi compagni agostiniani che lo accompagnano da anni.”
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica