Lunedì 25 novembre p.v. alle 17.30 nella Sala Laura Battista della Biblioteca provinciale di Matera (ingresso da via Roma), il Soroptimist Club Matera con il patrocinio dell'Associazione Italiana Donne Medico, nell'ambito della Giornata Internazionale per...
Oggi vi vorrei parlare di un sacerdote che ho conosciuto… per caso.
Durante uno dei miei tanti incontri con gli insegnanti di religione cattolica fui avvicinato da un sacerdote che non conoscevo, però lui mi conosceva, perché seguiva la mia rubrica su www.culturacattolica.it.
Mi disse più o meno così.
“Professore, sono sacerdote da dieci anni, ti stimo e mi voglio sfogare. Da qualche anno sono in crisi e sto maturando la convinzione che non sono adatto a fare il prete. A volte mi chiedo se debbo sposarmi e fare una vita normale come tutti i giovani della mia età.
Prego, ma finora non ho avuto risposte e la mia situazione va peggiorando”.
Poi continuò raccontandomi tutte le sue disavventure.
Era sacerdote da almeno dieci anni, ma nella sua vita sacerdotale non aveva mai avuto stabilità né gioia né apprezzamenti.
Gli sembrava di essere incompreso, di essere mal utilizzato e ingiustamente sospettoso: si lamentava del vescovo, si lamentava dei suoi superiori, si lamentava dei suoi confratelli perché lo ostacolavano creandogli attorno un clima poco amichevole.
Per la verità nessun fatto preciso, ma solo la sensazione di non riuscire a realizzarsi e quindi la tentazione di mandare tutto a quel paese e di coltivare qualche amicizia femminile che lo completasse almeno affettivamente.
Non vi nascondo che la “confessione” mi scioccò e la prima cosa che pensai fu: “Noi non possiamo giudicare”.
Per questo sacerdote prego tutti i giorni.
E pensai a quanti sacerdoti ci sono in queste situazioni!
E di getto. Mi venne da dire: “Se oggi è difficile essere buoni cristiani, non è nemmeno facile essere buoni sacerdoti!”
E continuai: “Dobbiamo avere più fiducia nel Signore e accettare con umiltà e pazienza le prove della vita, continuando a pregare e a fare il nostro dovere”.
Poi non so perché, ma chiusi gli occhi e dissi: “Il Signore vede tutto, sa tutto e capisce tutto. Lui e solo Lui capisce il tuo dolore, perché anche Lui a sentirsi fallito, i suoi amici migliori lo hanno tradito, addirittura le autorità del tempo lo hanno flagellato e condannato a morte”.
Quando ci siamo salutati ho pensato a quando è triste accettare l’insuccesso, accettare il fallimento, accettare la calunnia e l’ingiustizia.
Ci vuole veramente una grande fede ed un aiuto di Dio.
Ecco perché è necessario pregare.
Solo pregando evitiamo lo scoraggiamento, evitiamo la tentazione di abbandonare tutto.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica