Si è svolta questa mattina, presso la Sala Ottagonale della Tenuta Gala di Acerenza, la celebrazione dei vent’anni di attività del Centro di Riabilitazione “Don Michele Gala – Don Gnocchi”, una delle strutture di riferimento della Fondazione Don Gnocchi in Basilicata....
Cappellini colorati, zaini pieni di sogni, volti stanchi ma sorridenti: è questo lo scenario che ha avvolto Roma durante il Giubileo dei Giovani 2025, la settimana più attesa dell’Anno Santo indetto da Papa Leone XIV. Un evento che ha superato ogni previsione: oltre 500.000 giovani hanno preso parte alle attività ufficiali dal 28 luglio al 3 agosto, culminando con una straordinaria veglia di preghiera a Tor Vergata e la Messa conclusiva in Piazza San Pietro, alla quale hanno partecipato oltre un milione e mezzo di pellegrini.
La capitale italiana, ancora una volta, si è trasformata in un crocevia di culture, lingue, esperienze e fedi. I giovani sono arrivati da 146 Paesi, molti da zone segnate da guerre, povertà e instabilità politica. Ma tutti con lo stesso desiderio: condividere un cammino di fede, ritrovare una direzione, “incontrare Cristo nella città degli Apostoli”, come recitava il motto dell’evento.
Il momento più intenso si è vissuto nella serata di sabato 2 agosto. Nello stesso luogo dove Giovanni Paolo II accolse i giovani della GMG del 2000, Papa Leone XIV ha presieduto una veglia carica di emozione, simbolismo e speranza. Tor Vergata, trasformata per l’occasione in un immenso campo di preghiera, ha ospitato circa un milione di giovani, molti dei quali hanno trascorso la notte all’aperto, cantando, pregando e riflettendo insieme.
“Giovani del mondo,” ha detto il Pontefice, “non lasciatevi imprigionare dalla paura, dal cinismo, dall’apatia. Il mondo ha bisogno della vostra voce, della vostra passione, del vostro coraggio.”
Il Papa ha parlato in diverse lingue, alternando italiano, spagnolo, inglese e francese. Ha invocato la pace per l’Ucraina, il Medio Oriente e l’Africa, e ha invitato i giovani a diventare “artigiani di giustizia e custodi del creato”. Il silenzio caduto dopo le sue parole è stato quasi più potente dell’applauso.
Il Giubileo non è stato solo un momento liturgico, ma un vero laboratorio di umanità. I giovani hanno partecipato a momenti di catechesi mattutina, percorsi artistico-spirituali nei luoghi santi di Roma, visite a ospedali, mense e carceri, e hanno preso parte a iniziative ecologiche e interculturali. Il Vaticano ha definito l’evento “il più partecipato dell’intero Giubileo”.
Ogni sera, piazze e chiese si sono trasformate in spazi di incontro, con testimonianze, concerti, adorazioni e confessioni. L’atmosfera era vibrante, ma anche profondamente raccolta. Nelle parole di suor Maria Rosa, volontaria del Centro Accoglienza di Trastevere: “Ho visto giovani inginocchiarsi davanti al Santissimo come se si fosse aperto il cielo. Non cercavano emozioni, ma senso.”
A colpire è stata anche la risposta della città. Oltre 1.500 parrocchie, centri pastorali, scuole, famiglie private e congregazioni religiose hanno aperto le porte ai pellegrini. I romani, spesso restii a lasciarsi coinvolgere da eventi religiosi, hanno accolto con calore il movimento giubilare, sorpresi dalla compostezza e dalla gioia contagiosa dei giovani.
Il Comune di Roma ha parlato di oltre 7.000 volontari attivi, mentre la protezione civile ha assicurato un’organizzazione capillare per trasporti, emergenze sanitarie e punti di ristoro. Malgrado le alte temperature – con punte di 38 gradi – non si sono registrati incidenti gravi, segno di una macchina logistica funzionante e di una partecipazione disciplinata.
Tra i tanti incontri, spiccano le storie personali. Come quella di Luis, 22 anni, arrivato a piedi da Siviglia dopo 27 giorni di cammino: “Sono venuto per ringraziare Dio per aver salvato mio fratello da una grave malattia. Questo pellegrinaggio ha cambiato il mio cuore.” Oppure Amina, 18enne egiziana copta: “A casa mia siamo perseguitati. Qui, per la prima volta, mi sono sentita libera di pregare con altri giovani.”
Molti di loro torneranno nei loro Paesi con un fuoco acceso dentro. Non solo ricordi o foto da condividere, ma una consapevolezza nuova, una chiamata a impegnarsi nelle proprie comunità.
Questa mattina, domenica 3 agosto, Papa Leone XIV ha presieduto la Messa conclusiva del Giubileo dei Giovani in Piazza San Pietro, davanti a una folla sterminata. Durante l’omelia ha lanciato un forte appello: “Non lasciate la fede qui a Roma. Portatela con voi nei luoghi in cui vivete, studiate, amate e soffrite. Il mondo ha bisogno di testimoni, non solo di credenti.”
Alla fine, ha consegnato simbolicamente una croce di legno a cinque giovani – uno per ogni continente – con il mandato di “essere luce e sale tra i loro popoli”.
Il Giubileo dei Giovani 2025 non sarà ricordato solo per i numeri impressionanti o l’organizzazione impeccabile. Rimarrà nel cuore di milioni di persone come un punto di svolta, un segnale che una nuova generazione non è disposta a rimanere spettatrice.
In un’epoca segnata da crisi climatiche, disuguaglianze e guerre, Roma ha ospitato un grido silenzioso ma potente, una moltitudine di giovani che chiedono futuro, giustizia e spiritualità autentica. Il loro entusiasmo ha scosso le strade, ma soprattutto le coscienze.
E mentre le tende si smontano, gli zaini si richiudono e i treni ripartono, resta il messaggio più forte di tutti: la fede può ancora accendere il mondo.
Nicola Incampo
