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Un giorno scrissi alla lavagna: “Il coraggio d’amore” e naturalmente invitai i ragazzi e riflettere.
E dopo un po’ di tempo lessi una “canzone” di Sesto Properzio.
Sesto Properzio Nacque intorno al 49 a. C. probabilmente ad Assisi.
Dagli elementi forniti da alcuni saggi eseguiti sul posto e dalle poche iscrizioni, certamente provenienti da Collemancio, si può dedurre che ivi ebbe vita almeno sino al III secolo d.C. un municipio romano, iscritto alla tribù Stellatina, e forse un centro italico.
Ebbe un’infanzia segnata da varie difficoltà, in ragione degli sconvolgimenti dovuti alle guerre civili. In seguito alla rivolta dei proprietari italici, repressa da Augusto nel 41–40 a.C., il poeta subì lutti e confische di terre.
Ormai in condizioni disagiate, si trasferì a Roma, dove tentò la carriera forense e politica, ma già nel 29 a.C., con il suo primo libro delle elegie, fu inserito nei circoli mondano-letterari della capitale.
Divenne amico dei maggiori poeti del tempo, tra cui Tibullo, Ovidio e Virgilio.
Ebbe la prima esperienza sessuale con la schiava Licinna. Questa esperienza fu travolta nel 29 a.C. dalla grande passione per Cinzia, padrona di Licinna.
Tra Cinzia e Properzio ci fu una prima rottura a causa di un’infedeltà del poeta. Tuttavia, dopo qualche tempo, i due ricominciarono a frequentarsi, ma l’amore di Properzio non era a sua volta corrisposto dalla fedeltà di Cinzia: dopo cinque anni di tormenti, la rottura fu definitiva.
A partire da questo momento, il poeta si dedicò a uno studio impegnativo: intendeva cantare il passato di Roma, le leggende italiche, fatti e personaggi che avevano formato lo spirito della romanità.
Non è conosciuta la data certa della sua morte, anche se, da alcuni riferimenti, si può dedurre che morì poco dopo il 16 a.C., a circa 35 anni.
La “canzone” è la seguente:
Guida è la luna a lui lungo il cammino
a lui mostran le stelle i luoghi scabri:
Amore stesso gli agita d’innanzi
fiaccole accese: l’aspra ira dei cani
allontana da lui le fauci aperte:
sicura in ogni tempo è la sua vita.
Mezzanotte; e una lettera mi giunge
Della mia donna, m’ordina d’andare
Di corsa a Tivoli; dove bin che vette
Mostran gemine torri e dove l’acque
Crosciano dell’Aniene in vasti laghi.
Questa canzone è un inno al coraggio d’amore.
L’amante corre, non teme nulla, e corre là dove l’amante lo chiama.
Non importa se il tempo sia brutto o bello.
È come dire che non esiste mai il buio per l’amante.
E non c’è latrato di cane che spaventi o frana i suoi passi.
Immaginate che la lettera d’amore arriva di notte: l’amante si avvia smanioso e felice.
C’è una donna che aspetta: il percorso diventa più bello più chiaro.
Nicola Incampo