"La moto e la kickboxing non sono sport per donne. Non sono in grado". Anche la palestra Dynamic Center in piazzetta Vivaldi a Matera ospita il cartellone di "Più Sicura", un laboratorio di arti marziali e psicologia della difesa personale promosso dall'Accademia di...
Si spacciava per ginecologo e offriva consulenze mediche telefoniche a
giovani ragazze, spesso studentesse universitarie fuori sede. Sei anni fa il
36enne S.S.U., originario di San Mauro Forte finì in carcere al termine di
un’indagine della polizia postale. Oggi la Procura di Bologna ha chiesto una
condanna a cinque anni e nove mesi.
giovani ragazze, spesso studentesse universitarie fuori sede. Sei anni fa il
36enne S.S.U., originario di San Mauro Forte finì in carcere al termine di
un’indagine della polizia postale. Oggi la Procura di Bologna ha chiesto una
condanna a cinque anni e nove mesi.
Dieci le vittime che hanno sporto denuncia, di cui solo due si sono
costituite parte civile. Dall’inchiesta era emerso che chiamava al telefono le
vittime o le contattava tramite Skype, dicendo di essere un medico di ospedali
di Bologna o di altre città. Citava quindi esami o sospette patologie per cui
le ragazze si erano sottoposte a visite – non è mai stato chiarito come facesse
a saperlo – e le invitava a compiere atti di autoerotismo o ad inviargli foto.
Sebbene non ci sia mai stato contatto fisico, per gli inquirenti si è
configurata comunque la violenza sessuale, per avere violato
l’autodeterminazione delle donne nella loro sfera sessuale, aggravata
dall’essersi qualificato come pubblico ufficiale. Nella prossima udienza,
fissata per il 13 luglio, dovrebbe esserci la sentenza da parte del Tribunale
di Bologna.
costituite parte civile. Dall’inchiesta era emerso che chiamava al telefono le
vittime o le contattava tramite Skype, dicendo di essere un medico di ospedali
di Bologna o di altre città. Citava quindi esami o sospette patologie per cui
le ragazze si erano sottoposte a visite – non è mai stato chiarito come facesse
a saperlo – e le invitava a compiere atti di autoerotismo o ad inviargli foto.
Sebbene non ci sia mai stato contatto fisico, per gli inquirenti si è
configurata comunque la violenza sessuale, per avere violato
l’autodeterminazione delle donne nella loro sfera sessuale, aggravata
dall’essersi qualificato come pubblico ufficiale. Nella prossima udienza,
fissata per il 13 luglio, dovrebbe esserci la sentenza da parte del Tribunale
di Bologna.
Rossella Montemurro
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