giovedì, 21 Novembre 2024

Le “Eccellenze gastronomiche lucane” protagoniste a Tirana

Le “Eccellenze gastronomiche lucane”, con la degustazione, l’esposizione, la promozione di prodotti della regione Basilicata hanno caratterizzato la parte centrale della IX Settimana della Cucina Italiana nel Mondo che si è tenuta a Tirana, in Albania. L’evento - dal...

“Non si possono privare le persone delle loro storie senza offrirgliene di nuove. Non è sufficiente mettere in discussione una nuova narrazione, per quanto obsoleta e screditata: il mutamento avrà luogo solo quando alla vecchia ne subentra un’altra. Quando si sviluppa la storia giusta e si impara a raccontarla è possibile contagiare le menti… Chi racconta le storie governa il mondo.”
Così scrive George Monbiot nell’incipit del libro “Riprendere il controllo. Nuove Comunità per una nuova politica” edito da Treccani nel 2019.
Nelle pagine successive prosegue: “Le storie sono lo strumento con cui ci orientiamo nel mondo. Ci consentono di interpretarne i segnali complessi e contraddittori… svolgono una funzione cognitiva fondamentale… quando ci imbattiamo in una questione complessa, e proviamo a farcene un’idea cerchiamo una storia coerente e comprensibile… il senso che cerchiamo non è la razionalità bensì una fedeltà narrativa… se una certa storia è buona, e viene ripetuta a sufficienza, noi tendiamo a crederci…”.

Questo libro, letto alcuni mesi fa, mi è tornato prepotentemente alla mente in questi giorni nei quali la maggior parte delle “storie” che sono state prodotte e diffuse dai media sull’emergenza Covid-19 sembrano avere tutte un denominatore comune: la guerra e le metafore belliche.

Personalmente, come anticipato in precedenza (https://www.tuttoh24.info/fare-lo-sforzo-di-fare-bene-il-bene/), penso che questa “narrazione di guerra” sia ad oggi quantomeno limitante e per certi aspetti fuorviante.
Perché non produce alcun tipo di riflessione sulle cause di questa pandemia (che non sono solo e soltanto biologiche, ma anche ambientali, economiche e politiche), perché confonde le idee sul passato recente (fino a qualche mese fa eravamo pienamente immersi in un sistema economico-sociale che era già altamente fragile), perché rischia di alterare la percezione del presente (non è questo il tempo dell’odio, della ricerca del nemico, semmai è il tempo della solidarietà), perché può ingenerare pericolose derive (autoritarie e leaderistiche, come l’Ungheria insegna) ma soprattutto perché non fornisce alcuna strategia per il futuro (che non sia l’aspettare pazientemente che l’onda di piena passi) insinuando, di contro, l’idea che “a guerra finita” tutto possa ritornare esattamente come prima, diffondendo l’illusione di poter continuare a perpetuare quegli stessi comportamenti ed atteggiamenti che hanno contribuito a portare il mondo sull’orlo del baratro o, peggio, di far marcia indietro rispetto a quei timidi segnali di progresso che si stavano compiendo.

Cominciamo, invece, come suggerisce Annamaria Testa a

“sforzarci di usare le parole esatte e di chiamare le cose con il loro nome…perché le parole che scegliamo per nominare e descrivere i fenomeni possono aiutarci a capirli meglio. E quindi a governarli meglio. Quando però scegliamo parole imprecise o distorte, la comprensione rischia di essere fuorviata. E sono fuorviati i sentimenti, le decisioni e le azioni che ne conseguono.”

Annamaria Testa, esperta di comunicazione, spiega in maniera precisa (in una articolo pubblicato su Internazionale il 30/03/2020) perché l’automatismo della metafora bellica sia oggi così diffuso e come sia sbagliato mettere sullo stesso piano epidemia e guerra anche perché questi discorsi non ci aiutano affatto ad affrontare l’emergenza sia come singoli ma anche come comunità.

Anche noi come Associazione non vogliamo rassegnarci a questo tipo di narrazione.
Se è vero che “l’unica cosa capace di scalzare una storia è un’altra storia…” (G. M., ibidem) siamo ora più che mai convinti che è di una narrazione basata sulla “cura” (Care For, appunto) ciò di cui abbiamo bisogno giacchè, come scrive Guido Dotti Monaco di Bose,

“la cura abbraccia – nonostante la distanza fisica che ci è attualmente richiesta – ogni aspetto della nostra esistenza, in questo tempo indeterminato della pandemia così come nel “dopo” che, proprio grazie alla cura, può già iniziare ora, anzi, è già iniziato.
Ora, sia la guerra che la cura hanno entrambe bisogno di alcune doti: forza (altra cosa dalla violenza), perspicacia, coraggio, risolutezza, tenacia anche… Poi però si nutrono di alimenti ben diversi. La guerra necessita di nemici, frontiere e trincee, di armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro…La cura invece si nutre d’altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza…
Per questo tutti noi possiamo essere artefici essenziali di questo aver cura dell’altro, del pianeta e di noi stessi con loro.”

Siamo convinti che buona parte delle possibilità che avremo di uscire da questa crisi dipenderà “dalla nostra capacità di raccontare una storia nuova che, traendo insegnamento dal passato, ci collochi nel presente e ci guidi nel futuro” (G. M., ibidem).
E questa narrazione non potrà prescindere dalla consapevolezza e dalla nostra capacità di “prendersi cura”, di essere “artefici della cura” a tutti i livelli (quartieri, città, istituzioni, nazioni, pianeta) ed in ogni dimensione di vita (personale, familiare, associativa, comunitaria, territoriale) provando a diffondere quei valori e quei principi che sino ad oggi (siamo come singoli che come Associazione) abbiamo cercato di promuovere: bene comune, cooperazione, collaborazione, partecipazione, condivisione, sussidiarietà, solidarietà, responsabilità, ben-essere individuale e collettivo.

“…il futuro sarà segnato da quanto saremo stati capaci di vivere in questi giorni più difficili, sarà determinato dalla nostra capacità di prevenzione e di cura, a cominciare dalla cura dell’unico pianeta che abbiamo a disposizione. Se sappiamo e sapremo essere custodi della terra, la terra stessa si prenderà cura di noi e custodirà le condizioni indispensabili per la nostra vita.
Le guerre finiscono – anche se poi riprendono non appena si ritrovano le risorse necessarie – la cura invece non finisce mai. Se infatti esistono malattie (per ora) inguaribili, non esistono né mai esisteranno persone incurabili.” (Guido Dotti).

A quanti vorranno continuare ad approfondire insieme a noi queste tematiche, consigliamo la lettura degli articoli completi di Annamaria Testa e di Guido Dotti consultabili ai seguenti link:

Annamaria Testa: https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/03/30/metafora-guerra-coronavirus

Guido Dotti: http://www.aclibergamo.it/2020/03/31/siamo-in-cura-non-in-guerra-di-guido-dotti-monaco-di-bose/

Mino Di Pede
Associazione Matera2019

Pubblicità

Pubblicità
Copy link
Powered by Social Snap