sabato, 6 Dicembre 2025

“Si sentì nuovamente confusa, come quando Gurinder le aveva chiesto se era felice.

Sapeva che avrebbe dovuto esserlo. Si muoveva in una realtà che aveva creato consapevolmente. Viveva in uno splendido sobborgo sulla spiaggia. Dove c’erano persone favolose e ottimo caffè. A parte la mancanza di parcheggi nel fine settimana, non aveva davvero nulla di cui lamentarsi. Poteva permettersi il lusso di analizzare a fondo la sua vita e di ritrovarsi insoddisfatta, quindi di solito evitava di farlo. Ma con una diagnosi incombente e il terrore che ne derivava, forse era giunto il momento di riflettere.

Conosceva l’infelicità. L’aveva provata per anni, nel corso del suo matrimonio. Sarei felice se… sarò felice quando… Continuate voi le frasi. E gli anni erano volati. (…)”

Riuscire a guardarsi dentro per poter essere “vista” anche a livello sociale: è questo, per certi versi, l’insegnamento che ci offre Jane Tara, eclettica scrittrice australiana, nel suo Che bello vederti, Tilda (Feltrinelli, traduzione di Mariagiulia Castagnone), un romanzo sotteso da metafore che rispecchiano bene i tempi in cui viviamo.

Tilda Finch sembra una donna realizzata. Di mezza età, appena uscita da un divorzio complicato, madre di due gemelle ormai adulte, porta avanti con successo la sua attività – crea gadget con citazioni letterarie e frasi motivazionali molto gettonate che purtroppo lei non “segue”. Una mattina si accorge di non riuscire più a vedere il mignolo, poi è l’orecchio a scomparire… Si rivolge alla sua dottoressa che le prescrive una serie di esami per arrivare a una diagnosi senza appello: soffre di invisibilità, una “malattia” diffusissima – sono milioni in tutto il mondo le donne come lei – che, quando arriva al quarto stadio, con la totale sparizione, è irreversibile. Sulle prime è angosciata, nonostante la diagnosi relativa al fisico faccia il paio con le sue sensazioni psicologiche – lei, in effetti, si “sente” invisibile – poi coglie l’occasione per essere proattiva.

Tilda si iscrive a un gruppo di autoaiuto frequentato da donne che, in parte o in toto, sono afflitte dalla sua stessa situazione e, in un groviglio di paradossi, pian piano riprende in mano la propria vita. Comprende che i suoi quarant’anni erano stati duri, con giorni in cui oscillava tra la disperazione e la rabbia, con un marito che proprio non la capiva dandole torto su tutto. Secondo Selma, la guru alla quale si affida, “se inizierete questo viaggio, quando sarete alla fine farete una scoperta fondamentale, straordinaria e liberatoria: il modo in cui il mondo ci vede, in cui gli altri ci vedono, non ha alcuna importanza. Ciò che conta è come ci vediamo noi. Dobbiamo essere visibili a noi stesse”. Eccola la chiave, che poi è anche un monito per le cinquantenni contemporanee, sopraffatte dalla società dell’immagine.

Tanto humour e un pizzico di saggezza per un romanzo che Oprah Winfrey ha scelto come uno dei migliori libri della stagione. Non solo, amatissimo dalle lettrici, che si sono subito immedesimate nella protagonista, Che bello vederti, Tilda ha suscitato un vivace passaparola ed è stato adottato in numerosi bookclub.

L’Autrice pubblicato romanzi, libri per ragazzi e testi teatrali. Appassionata viaggiatrice, ha girato il mondo per tredici anni e vissuto in cinque diversi paesi prima di tornare a casa, a Sydney. 

Rossella Montemurro

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