domenica, 24 Novembre 2024

Crisi idrica: l’Asp certifica l’uso potabile delle acque del Basento

L’acqua del Basento può essere utilizzata per scopi potabili. E’ la conclusione a cui giunge l’Azienda sanitaria di Potenza che ha emesso un giudizio di idoneità dopo aver preso visione delle analisi effettuate dall’Arpab, il cui risultato è in linea con quanto già...

A Nazaret, come in tutti i paesi della Palestina, per le bambine, l’età dei giochi finiva presto.

Infatti tra i dodici e i quattordici anni, secondo la Torah, esse diventavano maggiorenni ed erano mature per il matrimonio.

I ragazzi invece dovevano arrivare almeno a 18 anni.

Fino a questa età i genitori le lasciavano libere, protette dalla loro innocenza.

Subito dopo le caricavano di consapevolezza, le tenevano in casa, non le facevano uscire se non accompagnate.

Sotto i dodici anni il padre poteva accettare o rifiutare, insindacabilmente, proposte di matrimonio per sua figlia.

Passati “dodici anni, sei mesi e un giorno” era tenuto al suo consenso.

Il Vangelo non dice nulla sull’età di Maria e Giuseppe al momento del loro fidanzamento, ma corrispose facilmente, almeno per Maria, quella stabilita dalla Legge.

Presso gli ebrei il fidanzamento era una cosa seria, quasi un matrimonio tanto che se il fidanzato moriva, la ragazza era considerata vedova.

Erano comunque i genitori dei due ragazzi a combinare il matrimonio, con il pensiero rivolto al bene delle famiglie, piuttosto che l’interesse dei figli.

Tra il pretendente e il padre della fidanzata avveniva una “contrattazione” che stabiliva la stipulazione di alcuni accordi finanziari.

Si fissava anzitutto la somma a cui aveva diritto la donna in caso di vedovanza o di ripudio.

Il contratto fissava anche la dote della sposa, destinata in parte al marito e in particolare alla donna stessa.

Su questi accordi si procedeva al fidanzamento o “consacrazione” della moglie al marito.

La cerimonia era semplice e familiare.

Il fidanzato poteva dare una monetina simbolica alla ragazza, dicendo, in presenza di testimoni: “Tu sei consacrata a me” o qualcosa di simile.

Oppure firmava un contratto insieme a due testimoni, in presenza di parenti e amici, ripetendo le parole: “Tu sei la mia fidanzata”.

Il fidanzamento durava più o meno un anno.

Alla base del matrimonio ebraico c’era la fedeltà.

Ma questa era intesa in modo unilaterale: riguardava soltanto la donna.

Essa era tenuta alla più assoluta fedeltà fin dal tempo del fidanzamento.

È interessante sapere che se la donna era solo sospettata di adulterio veniva sottoposta alla “prova dell’inchiostro”.

Doveva bere, davanti ad un sacerdote, dell’acqua nella quale era stata sciolto l’inchiostro con cui aveva firmato la dichiarazione di innocenza.

Sul marito non gravava nessun obbligo specifico: poteva concedersi qualche scappatella.

Poteva anche decidere di ripudiare la moglie in qualsiasi momento; la moglie invece ne aveva diritto.

L’uomo che si sposava con una sola donna poteva prendersi delle concubine, scelte tra le serve di casa o le schiave.

Il tradimento era visto sempre come offesa al diritto del marito e mai nel senso contrario.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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