sabato, 23 Novembre 2024

“Non so perché ho bisogno di vedere la donna che ha sedotto Matteo, ma lui è parte della mia vita, della mia carne, porta con sé anche me e lei diventerà parte di noi, palestinese o no, anzi, forse proprio di più proprio perché lo è. Può anche darsi che lui non le abbia detto che sono ebrea, forse non ha osato dirglielo? Oppure… gliel’ha detto e lei si è data a lui per farmi la guerra, per portarmelo via come fossi anch’io un pezzo del territorio occupato dagli israeliani!

Quando ho chiesto a Matteo d’incontrarlo non sapevo cosa volessi da lui né avrei immaginato la sua offerta dei beni, nel timore che non gli concedessi il divorzio o mirassi alle cose materiali! Chissà se è stata lei a suggerirgli l’idea del divorzio o lui che le ha mentito fin dall’inizio dicendole che stiamo per separarci? A che cosa è dovuta la sua fretta disumana, è la paternità che l’ha reso crudele, insensibile, fuori di sé, in marcia sui miei sentimenti, sulla nostra vita da una vita?”

È una prima persona sommessa e tormentata quella di Sara, la protagonista dello splendido Il sogno rapito (La Nave di Teseo) di Edith Bruck, un lento incedere nell’agonia di una crisi di coppia irreversibile ma della quale non si avevano avvisaglia. Almeno per Sara il matrimonio con Matteo, giovane ginecologo, sembrava non avere crepe: erano belli, innamorati, senza figli.

Eppure una mattina, all’improvviso, Matteo dice: “Presto sarò padre.” Sara è nel dormiveglia e quelle parole hanno più il contorno di un incubo che della realtà. Poi però il cellulare di Matteo risulta spento mentre l’angoscia della moglie cresce fin quando non ha la possibilità di confrontarsi, finalmente, con lui. Dopo un lungo calvario di scontri e confronti, alla fine confessa: ha messo incinta una giovane palestinese di nome Layla. Per l’ebrea Sara, la cui madre è una sopravvissuta ai campi di sterminio, lo choc è doppio: una sconosciuta darà al marito la figlia che il suo corpo non ha saputo generare (tra l’altro Matteo le ha sempre detto di non voler avere figli) e la bambina avrà per metà il sangue di un popolo profondamente ostile agli ebrei. Nonostante tutto, Sara vuole incontrarla, vuole vedere con i suoi occhi chi è la donna che le ha portato via il marito, vuole capire e vuole che la bambina cresca senza essere circondata da un astio quanto mai inopportuno.

Con una prosa in grado di toccare le corde più intime di tutti noi, la Bruck ha narrato un’incredibile storia di amore e di pace. Sara è una figura bellissima e indimenticabile nella sua vulnerabilità.

Edith Bruck, di origine ungherese, è nata nel 1931 in una povera, numerosa famiglia ebrea. Nel 1944 viene deportata nel ghetto del capoluogo e di lì ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen. Sopravvissuta ai lager nazisti, dopo anni di pellegrinaggio approda definitivamente in Italia, adottandone la lingua. Presso La nave di Teseo sono usciti: La rondine sul termosifone (2017), Ti lascio dormire (2019), Il pane perduto (2020, finalista al premio Strega e vincitore del premio Strega Giovani), Tempi (2020), Andremo in città (2021), Lettera alla madre (2022), Sono Francesco (2022) e Signora Auschwitz (2023). Nel 2023 ha vinto il premio Campiello alla carriera. Ha ricevuto le lauree honoris causa in Informazione, Editoria e Giornalismo (Roma Tre, 2018), Filologia moderna (Macerata, 2019) e Scienze filosofiche (Sassari, 2023).

Rossella Montemurro

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