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Una parola che i giovani usano spesso è “squattrinato”.
E un giorno scrissi alla lavagna squattrinato.
Chiedendo a tutti di spiegare bene il termine.
Dopo un po’ di silenzio lessi una poesia di Valerio Marziale.
Marco Valerio Marziale è stato un poeta romano, comunemente ritenuto il più importante epigrammista in lingua latina.
Citato spesso come uno dei massimi esponenti della potente gens Valeria in epoca medioevale e umanistica.
Marco Valerio Marziale nacque il 1º marzo (data incerta).
Marziale raccontò più volte la sua patria in vari epigrammi, descrivendola come una cittadina che sorgeva su un aspro monte, nota per gli allevamenti di cavalli e per le fabbriche d’armi, grazie alle fredde acque del fiume Salone che scorreva ai piedi della montagna ideali per la tempra degli armamenti.
Ricevette un’accurata educazione inizialmente a Bilbilis e in seguito in un’altra città della Spagna Tarraconense sotto la guida di grammatici e retori, a cui si dedicò con impegno; i genitori, che probabilmente si chiamavano Frontone e Flaccilla, sembra che provenissero dalla media borghesia provinciale, e in ogni caso dovevano godere di una buona condizione economica per permettersi di sostenere gli studi del giovane Marziale.
Nel 64, anno del grande incendio di Roma, spinto dalla voglia di conoscere il mondo e dalla speranza di fare fortuna come era accaduto a molti altri letterati ispanici della sua epoca, Marziale decise di recarsi a Roma.
Giunto nella capitale dell’Impero allacciò subito i rapporti con le più importanti e influenti personalità della città provenienti come lui dalla Spagna: la famiglia degli Annei, composta da uomini del calibro di Seneca, Giunio, Gallione, Mela e Lucano.
La poesia è la seguente:
Règolo, non ho più
Un soldo in tasca, e temo non mi resti
Che vendere i regali che mi desti:
me li compri tu?
La prima riflessione che vie da fare è che tutti i poeti sono squattrinati!
Però riflettendoci bene il testo è bellissimo: ha consumato tutto, gli restano appena i doni di un caro amico.
Ecco la considerazione dell’amicizia: vendere i doni dell’amico.
Ma questo sicuramente non si può fare.
Sicuramente questo si potrà fare ad una sola condizione: che sia lo stesso amico a comprarli.
E tutto questo resterebbe in famiglia.
Nicola Incampo