Balvano è il paese simbolo della devastazione del terremoto del 23 novembre 1980. Oggi, come ogni anno, la comunità si ferma per ricordare le vittime di quella tragica notte. La giornata di commemorazione inizia con una messa solenne nella chiesa ricostruita di Santa...
Quando facevo la scuola elementare ricordo che il Maestro chiese ad un compagno di spiegare “il vento”.
Cenzino, questo il nome del compagno, ci guardò tutti in faccia, come se volesse essere aiutato a trovare la risposta, poi con una calma unica guardò il maestro e rispose “Il vento è una cosa fresca che ti arriva giusto in faccia”.
Il Maestro prima lo guardò sbigottito, poi incominciò a ridere coinvolgendoci tutti.
Dopo aver raccontato questo ai miei alunni scrissi alla lavagna: “Il mio rapporto con il vento” e lessi loro una bellissima poesia di Percy Bysshe Shelley.
Poeta inglese, nato a Field Place, Horsham, nel Sussex, il 4 agosto 1792, annegato nel Golfo della Versilia l’8 luglio 1822.
È famoso per aver scritto opere da antologia quali Ozymandias, l’Ode al vento occidentale (Ode to the West Wind), A un’allodola (To a Skylark) e La maschera dell’anarchia (The Masque of Anarchy), ma quelli che vengono considerati i suoi capolavori furono i poemi narrativi visionari come il Prometeo liberato.
La poesia è la seguente
Rude vento, che diffondi in suon di pianto
Un dolore rapporto triste per un canto;
fiero vento, che se i ciel di nubi è fosco,
fai suonar di notte a morte le campane;
uragano le cui lagrime son vane:
e tu, cupo, dalle nude rame, o bosco;
o spelonche funerarie, o mal profondo:
voi piangeste, voi piangeste il male
del mondo.
In questo testo notiamo come il rapporto con il vento è sicuramente sofferto.
Infatti in questa poesia il vento non ha nulla di tenero e di dolce.
Dal suo impeto non nasce un canto, ma solo un frastuono che sgomenta.
L’autore evidenzia che anche le campane rispondono a morto alle sferzate delle sue raffiche impietose.
È come se il vento fosse malato, malato della malattia del mondo, quella malattia sulla quale inutilmente piange e si scatena l’uragano.
È un esistere umano sempre malato e sempre moribondo.
E tutto questo fino a quando non appare un segno, nel cielo.
Nicola Incampo