"A te che unisci quei pezzi con la colla più preziosa che possiedi: la dignità, la passione, l’amore. A te, adesso, voglio dire questo: la tua vita è arte. La luce che emani, le traiettorie che disegni con gli occhi, il modo in cui sorridi mentre ti rialzi… Sei il...
Un giorno scrissi alla lavagna “L’amicizia”.
Ed inviati i ragazzi a riflettere in silenzio.
Poi, con molta calma, scrissi alla lavagna la Favola di Fedro:
L’Amicizia è rara
“Molti gli amici, l’amicizia rara.
Sacra te s’era fatto una casa così piccola
che qualcuno del popolo gli chiese:
Come può un uomo della tua grandezza
star pago di sì piccola dimora?
Oh, piaccia al cielo – gli rispose Socrate
che la possa colmar di amici veri!”
Gaio Giulio Fedro, nasce 20/15 a.C. circa e muore il 50 d.C. circa.
È stato uno scrittore romano autore di celebri Favole.
Fedro nacque intorno al20/15 a.C. e giunse giovanissimo a Roma come schiavo, forse a seguito della violenta repressione, operata dal console Lucio Calpurnio Pisone, della rivolta avvenuta in Tracia nel 13 a.C.
La sua venuta a Roma ancora bambino è stata dedotta dalla sua affermazione di aver letto da bambino il Telephus, una tragedia ora perduta di Ennio; ma non si può escludere, per quanto poco probabile, che egli abbia potuto già studiare latino in Macedonia, e pertanto la questione della data della sua venuta a Roma resta insoluta.
Che egli sia stato uno schiavo familiaris, appartenente alla familia di Augusto, e poi emancipato da questo imperatore è attestato nella titolazione manoscritta della sua opera, Phaedri Augusti liberti Fabulae Aesopiae; si deduce che il suo nome, dopo la liberazione, deve essere stato Caius Iulius Phaedrus, dal momento che i liberti assumevano il praenomen e il nomen del loro patrono.
Dopo aver fatto leggere la poesia ad un alunno, aggiunsi: “Talvolta noi crediamo che l’amicizia sia fatta solo di grandi cose.
Essa, invece, è fatta anche di piccole cose: uno sguardo, un sorriso, una stretta di mano, una parola di comprensione, ma, soprattutto, di capacità di rinuncia al proprio egoismo.”
Egoismo, invidia, invidia, gelosia fiaccano ed avviliscono il cuore dell’uomo, indotto più al vile tradimento che allo sguardo limpido e fedele.
E quanta rabbia imponente, quanta tristezza consumata a causa dell’amicizia tradita.
Per questo, insegna la favola, grande attenzione nel discernere e nel decidere le amicizie; grande nobiltà d’animo nel viverle.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica