"Come mai i ragazzi, e non solo loro, sembrano stare così tanto male oggi? Quali sono le ragioni che possono spiegare le nuove forme di disagio e l'emergenza psicologica in cui ci imbattiamo tutti, non solo chi si occupa per mestiere della salute mentale? Si tratta di...
Tutti sappiamo che le famigerate SS naziste tenevano ben in vista nei loro cinturoni la scritta: “Gott mit uns”, cioè Dio è con noi!
Ma quale Dio? Certamente non il vero Dio, ma la caricatura di Dio.
Sarà capitato pure a voi di ascoltare un ragionamento che, apparentemente, sembra non faccia una grinza, ma che, invece, nasconde un’insidia terribile.
Pensate per esempio al ragionamento: “Tutte le religioni adorano Dio, ma Dio è uno solo! Allora una religione vale un’altra!”.
Che pericoloso trabocchetto!
È vero che Dio è uno solo, ma non deve sfuggirci che l’umo può fare di Dio una pericolosa caricatura.
Pensate a quelli che oggi ritengono di onorare Dio imbottendosi di materiale esplosivo e gettandosi in mezzo ai loro presenti nemici, seminando morte e distruzione in nome di Dio!
Ma questi gesti vengono compiuti in nome di quale Dio?
La verità è che questi gesti vengono compiuti in nome del dio dell’odio.
Il dio dell’odio non è il vero Dio, ma soltanto una caricatura di Dio.
Pensate invece a come è diverso il volto di Dio che ci ha fatto conoscere Gesù.
Riflettete.
Gesù sceglie di nascere povero e umile ridicolizzando la ricchezza.
Gesù va a mangiare con i peccatori e, a coloro che si scandalizzano dice: “Non sono venuto peri sani, ma per i peccatori”.
Gesù difende pubblicamente una donna adultera da una condanna di coloro che la frequentavano nascostamente.
Gesù va in casa di Zaccheo, che era ritenuto grande peccatore.
L’atteggiamento di Gesù stupiva e dava un fastidio enorme a coloro che usavano Dio solo per condannare, per colpire, per togliere la speranza.
Ecco perché Gesù un giorno raccontò tre parabole stupende che sono una meravigliosa e commovente fotografia del volto di Dio.
Vorrei fermarmi a riflettere sulla Parabola del figliol prodigo.
“Disse ancora: “Un uomo aveva due figli; il più giovane di loro disse al padre: ‘Padre, dammi la parte dei beni che mi tocca’. Ed egli spartì fra loro i beni. Di lì a poco il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, se ne partì per un paese lontano e vi dissipò la sua sostanza, vivendo dissolutamente. E quando ebbe speso ogni cosa, una gran carestia venne in quel paese, tanto che cominciò a essere nel bisogno. Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Egli avrebbe bramato sfamarsi con i baccelli che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava. Allora, rientrato in sé, disse: ‘Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Io mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servì. Egli dunque si alzò e tornò da suo padre, ma, mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e fu mosso a compassione; corse, gli si gettò al collo, lo baciò e ribaciò. E il figlio gli disse: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio’. Ma il padre disse ai suoi servitori: ‘Presto, portate qua la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e rallegriamoci, perché questo mio figlio era morto ed è tornato a vita; era perduto ed è stato ritrovato’. E si misero a fare gran festa. Ora il figlio maggiore era ai campi; tornando, mentre fu vicino alla casa, udì la musica e le danze. Chiamato uno dei servitori, gli domandò che cosa stesse succedendo. Quello gli disse: ‘È giunto tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché l’ha riavuto sano e salvo’. Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì fuori e lo pregava d’entrare. Ma egli, rispondendo, disse al padre: ‘Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici, ma, quando è venuto questo tuo figlio che ha divorato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato’. Allora il padre gli disse: ‘Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato a vita; era perduto ed è stato ritrovato’”.
Avete mai riflettuto che Gesù non conclude la parabola, infatti non ci dice cosa farà il figlio maggiore.
E sapete perché? Perché la risposta deve darla ciascuno di noi.
La vita ci è stata donata per questo. Approfittiamo, perché Dio aspetta la nostra risposta.
Questa è la buona notizia portata da Gesù.
Nicola Incampo
Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica