Un giorno scrissi alla lavagna “La saggezza”. Spiegare la saggezza ai giovani può sembrare una sfida, ma in realtà è un'opportunità preziosa per mostrare loro che il valore della vita non sta solo nell'accumulare informazioni, ma nel saperle usare nel modo giusto. La...
In questi giorni, mentre leggevo Eugenio Montale, mi è capitato di soffermarmi in un suo commento del 1970 e precisamente al venticinquesimo anniversario dell’esplosione delle due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.
Eugenio Montale nacque a Genova, in un palazzo dell’attuale corso Dogali, il 12 ottobre 1869, ultimo dei sei figli di Domenico Montale e Giuseppina Ricci, esponenti della media borghesia genovese.
Inizia gli studi presso l’istituto “Vittorino Da Feltre” di via Maragliano, gestito dai Barnabiti (rettore è padre Rodolfo Trabattoni, vice rettore padre Giovanni Semeria.
A causa della sua salute precaria, che lo porta a contrarre varie broncopolmoniti, vengono preferiti gli studi tecnici, invece dei più lunghi classici, così nel 1911 viene iscritto all’istituto tecnico commerciale “Vittorio Emanuele” dove nel 1915 si diplomerà in Ragioneria con buoni voti; il giovane Montale ha comunque la possibilità di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari frequentando le biblioteche cittadine e assistendo alle lezioni private di filosofia della sorella Marianna, iscritta alla facoltà di lettere e filosofia.
Eugenio Montale morì a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni, nella clinica San Pio X dove si trovava ricoverato per problemi derivati da una vasculopatia cerebrale. I funerali di stato furono celebrati due giorni dopo nel Duomo di Milano dall’allora arcivescovo della diocesi Carlo Maria Martini.
Venne sepolto nel cimitero sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla.
Nella seduta del successivo 8 ottobre, il Senato commemorò la figura di Montale.
Il suo archivio (insieme a volumi, disegni, arredi e opere d’arte) è conservato presso l’Università di Pavia.
Il commento che vi proponevo è il seguente:
“È giusto ricordare l’esplosione delle prime bombe atomiche, affinchè io ricordo di quel tragico fatto ci impegni a non ripeterlo mai più.
Però sento il dovere di avvisare che un’altra bomba atomica sta esplodendo e farà più vittime delle bombe sganciate sulle due citta giapponesi: sta esplodendo una bomba all’interno della famiglia e farà vittime incalcolabili”.
Aveva perfettamente ragione!
San Giovanni Paolo II, da grande profeta, un giorno disse: “Stanno attaccando l’umanità dell’uomo, cioè il progetto di umanità così come è chiaramente scritto nel libro della vita: le conseguenze saranno tragiche, perché nessuno può pretendere di cambiare il progetto di umanità così come l’ha pensato Dio.
Chi lo fa si autodistrugge.”
Non a caso Santa Teresa di Calcutta aveva dichiarato: “Oggi nel mondo, si sta spegnendo l’amore: questa è la peggiore povertà che si possa immaginare”.
Vorrei concludere questa mia riflessine con una poesia di un giovane carcerato aveva scritto prima di suicidarsi nel carcere di Milano.
“Sono figlio di una prostituta
E non conosco mio padre:
talvolta mi sembra
di essere nato senza genitori.
Dentro di me urlo e invoco
Ciò che la vita mi ha tolto violentemente
E vorrei, come pazzo,
correre per le strade
almeno per vedere … le mamme.
Vorrei incantarmi
guardandole mentre baciano i loro figli
e poi vorrei fermarmi a guardare i figli
per intuire cosa provano
in quei momenti beati
che per me non potranno mai esistere.
Ho bisogno di una carezza,
di una dolce voce che mi chiami “figlio!”
Mamma! Mamma del Signore,
mi vuoi bene almeno tu?
Mamma di Gesù, se dici di si, baciami questa sera
quando mi addormenterò
e portami in cielo con te.
Fallo tranquillamente!
Non danneggerai nessuno
Perché io sono solo.
Non lascio nessuno
E nessuno piangerà
Perché io non esisto”.
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica