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L’allora quattordicenne ingordo di libri e letterature si imbatte in un tardo pomeriggio del 1985 nella sigla di Parola mia. Ed è colpo di fulmine con Luciano Rispoli. Quel ragazzino che di quel programma e di Rispoli parlava a tutti (“con l’entusiasmo scevro di secondi fini che un adolescente può avere nei riguardi di un divo del pop o del cinema. (…) Mi sembrava di essere il custode di un fuoco sacro, di aver scovato la fonte di ogni gioia televisiva”) è Mariano Sabatini che, nel novantennale della nascita, il 12 luglio 1932, racconta in Ma che belle parole! Luciano Rispoli. IL fascino discreto della radio e della TV (Vallecchi Editore) una parabola professionale all’insegna di una profonda dedizione.
“Difficile pensare a un uomo di radio e televisione che abbia inventato e innovato quanto Luciano Rispoli e sul quale è calata, da parte delle istituzioni e dei dirigenti, una tale cappa di oblio.
Ecco perché era diventato urgente un libro sui suoi percorsi professionali, artistici e di vita. Quest’ultima, negli aspetti più antichi e privati, meno conosciuta”.
La scommessa sulla radio e sulla tv Luciano Rispoli la fece fin dal 1954, anno di nascita ufficiale della televisione. Da quel giorno, tra incarichi dirigenziali e l’ideazione-conduzione di programmi di successo (Parola mia e Tappeto volante su tutti), non si pentì mai di aver speso con tutta la passione e l’intraprendenza che lo caratterizzavano l’intera vita adulta nell’ambito della comunicazione, dell’intrattenimento colto e del giornalismo popolare ai più alti livelli. In quasi sessant’anni di carriera divenne uno dei volti più popolari e amati. E tuttora viene sovente citato per la sua classica esclamazione entusiastica (“Ma che belle parole!”) dinanzi alle dissertazioni linguistiche del prof. Beccaria. È infatti divenuta frase idiomatica. E come sostiene il critico d’arte Vittorio Sgarbi, basta essere ricordati per una frase; come “Allegria!” per Mike Bongiorno.
Ripercorrere la parabola professionale di Luciano Rispoli, all’insegna della passione bruciante, significa attraversare e, in alcuni casi, ribaltare la storia dei mass media. A lui si devono la proposta del primo talk show in Italia con L’ospite delle due, l’intuizione del titolo Bandiera gialla e della Corrida, che tra l’altro Corrado non aveva intenzione di fare, mentre con Adriano Magli diede vita contro il parere del direttore Leone Piccioni allo storico, rivoluzionario Chiamate Roma 3131; in tal modo, aprendo il mezzo radiofonico, fino ad allora molto formale e istituzionale, alla partecipazione diretta del pubblico. Nacque così la radio moderna, così come la conosciamo e come ancora viene vissuta. Con ricadute anche sulla Tv. Ed è proprio sul piccolo schermo che Rispoli arriva ad acquisire una vasta popolarità mai disgiunta da senso della misura, gusto, contenuti.
Quello di Sabatini è uno stile diretto e coinvolgente: Ma che belle parole! è l’omaggio più significativo che potesse avere uno dei più amati conduttori italiani. Nel testo anche una ricca galleria fotografica.
Mariano Sabatini(Roma, 1971) ha scritto per i maggiori quotidiani, periodici e web. Ha firmato programmi di successo (Tappeto volante, Parola mia, Uno Mattina, Campionato di lingua italiana) per la Rai, Tmc e altri network nazionali; ha condotto rubriche in radio e continua a frequentare gli studi televisivi come commentatore. Pubblica racconti per riviste popolari e ha partecipato a varie antologie narrative. Dal 2001 ha scritto diversi libri di carattere saggistico, tra cui Scrivere è l’infinito (Vallecchi, 2021) e una fiaba dal titolo Una cagnolina non vola mica (Chiaredizioni, 2021). L’inganno dell’ippocastano (Salani, 2016) è il suo primo romanzo, che si è aggiudicato il premio Flaiano e il premio Romiti Opera prima 2017 ed è tradotto nei paesi di lingua francese. A questo ha fatto seguito Primo venne Caino (Salani, 2018), sempre con Leo Malinverno – giornalista investigatore – come protagonista.
Rossella Montemurro