giovedì, 21 Novembre 2024

Le “Eccellenze gastronomiche lucane” protagoniste a Tirana

Le “Eccellenze gastronomiche lucane”, con la degustazione, l’esposizione, la promozione di prodotti della regione Basilicata hanno caratterizzato la parte centrale della IX Settimana della Cucina Italiana nel Mondo che si è tenuta a Tirana, in Albania. L’evento - dal...

Qualche giorno fa vi parlai di Padre Gino Lopergolo, un grassanese missionario trinitario in Madagascar, oggi vorrei raccontarvi una “storia” che padre Gino mi raccontava spesso.

“Un mattino presto, nella missione, vedo giungere due uomini e una donna anziana con un bambino in braccio.

Sono fieri pescatori.

Hanno camminato per otto ore nella notte e nel primo chiarore dell’alba, il sole quando non è ancora scottante: di giorno si arriva a 45 – 48 gradi all’ombra.

La donna dice: Padre questo mio nipotino di tre mesi sta morendo di fame e di sete.

Sua madre è morta pochi giorni fa, lo abbiamo aiutato alla missione.

Aiutateci.”

Ricordo che continuando il racconto, padre Gino, con gli occhi lucidi, disse che accolse i bambini e i due uomini.

Con un cucchiaino cerca di far bere un po’ di acqua e latte al bambino ormai pelle ed ossa.

Ma non ci riesce.

Allora la nonna dà il suo senno avvizzito da succhiare al bambino, mentre una suora tentò di introdurre nella piccola bocca un po’ di acqua e latte con una siringa di plastica, naturalmente senza ago.

Il bambino purtroppo muore nel pomeriggio.

Padre Gino racconta che nell’osservare il bambino dibattersi nell’agonia senza poterlo aiutare, pensava: “Perché io ho ricevuto da Dio tanti doni, salute, intelligenza, cibo, istruzione, vestiti, casa, assistenza sanitaria, mentre questo bambino non ha ricevuto nulla? Non siamo tutti e due figli di Dio allo stesso modo? Non ci vuole Dio bene allo stesso modo? Perché a me tutto e a lui niente?”

Sinceramente è lo stesso interrogativo che io mi ponevo mentre Padre Gino raccontava la storia.

È l’interrogativo che dobbiamo porci nella vita incontrando persone ammalate, persone handicappate, sfortunate, provate dalla vita, piene di dolori e di sventure.

La risposta è facile e viene dal Vangelo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”, dice Gesù.

E ricordate che questo è il comandamento nuovo in base al quale saremo giudicati, perché “questa è tutta la Legge e i Profeti” (Matteo 7, 12).

Questo significa che tutto quello che abbiamo ricevuto dalla vita, da Dio, dai genitori, dalla fortuna di nascere in Italia, non è mio, mi è dato solo in uso, ma appartiene a tutti gli uomini.

Vorrei dirlo a tutti i genitori: “Se volete che i vostri figli siano felici, non insegnate loro ad essere prepotenti, non insegnate i vostri figli ad occupare i primi posti, non insegnate ai vostri figli a far carriera, non insegnate i vostri figli a guadagnare molti soldi.

Insegnategli ad essere buoni.”

Perché “Dio è con l’uomo buono”. (2 Corinti 19, 11)

Nicola Incampo

Responsabile dell’IRC e della Pastorale Scolastica della Conferenza Episcopale di Basilicata

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