mercoledì, 27 Novembre 2024

Scrive nella premessa il Commissario per l’uguaglianza Helena Dalli: “Dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti in tutto il nostro materiale indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento”. Si è vantata di aver fatto approvare dalla cattolicissima Malta, il suo Paese, le unioni civili dando la possibilità alle coppie omosessuali di adottare figli. Poi, qualche anno dopo, di aver abolito le parole “madre e padre” e “marito e moglie”.

Per completezza aggiungo che è stata sua l’idea di sostituire “vi dichiaro marito e moglie” con “vi dichiaro sposi” e padre e madre con “genitore 1 e 2”.

In nome dell’inclusività la Commissione europea arriva a cancellare il Natale invitando a non utilizzare la frase «il periodo natalizio può essere stressante» ma dire «il periodo delle vacanze può essere stressante».

Una volontà di eliminare il cristianesimo.

Anni fa, in una scuola elementare australiana, una supplente venne sospesa per avere rivelato ai suoi allievi che Santa Klaus non esiste e che sono i genitori a portare i regali ai bambini. Un errore ritenuto imperdonabile: non pochi di quei genitori protestarono infuriati, e il preside si vide costretto a chiedere l’intervento del ministero della Pubblica Istruzione. Risultato: da quel momento tutte le scuole avrebbero dovuto attenersi a una precisa indicazione: spetta ai genitori, e ad essi soltanto, rompere l’incantesimo di Babbo Natale.
La raccomandazione e lo scandalo si reggevano su una teoria molto diffusa secondo la quale ogni bambino nutrirebbe in sé un originario pensiero magico prima di precipitare senza paracadute nel mondo reale, dove non ci sono più topolini, fate e folletti a proteggerlo. Ma chi ha autorità per decidere quale sia il momento opportuno per tale passaggio luttuoso?
E’ noto a tutti il Racconto di Natale di Charles Dickens, pubblicato a metà dell’800: se non lo abbiamo letto nelle numerose edizioni per ragazzi, lo abbiamo conosciuto grazie al cartone di Disney (1983). Il racconto della tormentata notte dell’usuraio Scrooge, ammonito dai fantasmi alla vigilia del Natale 1843, «va al di là del semplice recupero di costumi del passato, creando di fatto un nuovo genere letterario, quello del “racconto di Natale” o “di fantasmi”, da narrarsi la sera della Vigilia riuniti in cerchio davanti al focolare”». In esso «la filosofia natalizia dickensiana, sentimentalista e populista, raggiunge la sua più perfetta espressione, con la celebrazione del mistero religioso della nascita, del trionfo della vita».
Ma è questo il Natale? O non è piuttosto l’adattamento di esso alle esigenze educative proprie del capitalismo borghese?
Di certo, esso ha distolto l’attenzione da un fatto che ci interroga ancora oggi, coprendolo sotto la neve, le stelle e le strenne.
La vera questione di quel breve testo è la descrizione dello scontro, o conflitto, tra il pensiero infantile e la censura operata dalle teorie che lo danneggiano e lo ammalano. Fino a quel momento il bambino si applica correttamente alla famiglia, in due modi o momenti: sia con l’attenzione con cui osserva il legame esistente tra i genitori sia con il trasporto con cui mira a prendervi posto.
Di fronte alla censura impostagli dall’esterno, invece, il pensiero del bambino è “impreparato”.
E’ questa l’ingenuità, come osserva G.B. Contri: “Il bambino ha nove vite come i gatti, ma non è pronto a reagire allo scandalo procurato dall’adulto che gli intima di non pensare a certe cose”.
Il racconto della nascita a Betlemme riapre i giochi per l’intelletto di ciascuno: che cosa significa Padre e che cosa significa essere figlio? Il caso di Myriam (Maria) di Nazareth, unico nella storia dell’umanità, resta da approfondire perché è rilevante per tutti, credenti e non.

E anche per la signora Helena Dalli.

Nicola Incampo

Responsabile dell’IRC e della Pastorale Scolastica della Conferenza Episcopale di Basilicata

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