La Fondazione Francesca Divella, in collaborazione con il Comune di Matera e l'associazione "Una stanza per un sorriso - Sostiene i pazienti oncologici", è lieta di annunciare la "Giornata della prevenzione senologica e ginecologica", un evento dedicato alla salute e...
Oggi vorrei proporre alla vostra riflessione una poesia del poeta indiano Tagore.
Tagore nasce a Calcutta (India) il 7 maggio 1861, da una famiglia nobile e ricca, illustre anche per tradizioni culturali e spirituali, Rabindranath Tagore è conosciuto semplicemente come Tagore.
Giovane, studia tra le mura domestiche il bengali e la lingua inglese. Sin dall’infanzia legge i poeti bengalesi cominciando a comporre le prime poesie alla tenera età di otto anni.
Crescendo, la passione di scrittore e poeta si sviluppa in lui sempre più.
Nelle sue poesie, come nella sua vita, Tagore esprime la propria passione, la sua convinta ricerca dell’armonia e della bellezza, nonostante ogni difficoltà, che comprende il dolore causato dai numerosi lutti che avrebbe sofferto.
La poesia che voglio proporvi è “L’aspirante asceta”.
“A mezzanotte l’aspirante asceta annunciò: questo è il tempo di lasciare la mia casa e andare in cerca di Dio.
Ah, chi mi trattenne tanto a lungo In questa illusione?
Dio sussurrò: “Io”. Ma l’uomo aveva le orecchie turate.
Con un bimbo addormentato al suo seno sua moglie dormiva placidamente su un lato del letto.
L’uomo disse: “Chi siete voi che mi avete ingannato per tanto tempo?”.
Ancora la Voce sussurrò: “Essi sono Dio”. Ma egli non intese.
Il bimbo pianse nel sonno e si strinse accanto alla madre.
Dio comandò: “Fermati, sciocco, non abbandonare la tua casa”. Ma ancora non udì.
Dio disse tristemente sospirando: “Perché il mio servo mi abbandona per andare in cerca di me?”
È bello rendersi conto che la storia, il presente, l’esistenza, sono i luoghi in cui Dio ama rivelarsi.
La tradizione giudaica immagina che l’angelo Gabriele non riuscì a portare il dono dell’eternità agli uomini perché avevano un piede nel passato, cioè nella nostalgia, e un piede nel futuro, cioè nell’illusione.
La Rivelazione è un tessuto di avvenimenti umani, spesso tristi e segnati dal dolore: eppure è lì che avvengono le manifestazioni di Dio.
Scriveva Tagore: «Sognavo che la vita fosse gioia. Mi svegliai: la vita è servizio. Ho, allora, servito e nel servizio ho trovato la gioia».
È a questa semplicità che ci guida la vera sapienza, così come leggiamo nel libro dei Proverbi: “Io ti ho chiesto due cose; non negarmele prima che io muoia: allontana da me falsità e menzogna; non darmi né povertà né ricchezza, cibami del pane che mi è necessario, perché, una volta sazio, non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?», oppure, divenuto povero, non rubi e profani il nome del mio Dio.” (Proverbi 30, 7-9)
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica