“(…) Era come se ai più giovani si stesse negando un diritto primario, quello dell’istruzione, mi dicevo, come se stessimo riducendo in ginocchio l’economia per salvaguardare la sopravvivenza di più vecchi, e il tutto comunicato con una decisione ragionevole. È contro natura! Pensavo. Allora non ho potuto fare a meno di esprimere il mio punto di vista su Twitter.
Ho scritto: “Stiamo sacrificando cose imprescindibili come il diritto all’istruzione, la socialità, infine l’economia di un paese in nome degli over 75″.”
Vecchiaccia (Einaudi) di Fuani Marino prende spunto da quel che è accaduto dopo quel tweet (“In un attimo migliaia di persone hanno cominciato a inveire contro di me, a ritwittare la mia affermazione apostrofandomi come un’egoista, una stronza, un essere spregevole e “una sporca ageista””), in piena pandemia, ad aprile 2020 per iniziare una riflessione profonda e senza enfasi sulla vecchiaia. Che la Marino fosse abituata ad affrontare tematiche forti, lo avevamo già intuito leggendo Svegliami a mezzanotte nel quale l’autrice raccontava del suo tentato suicidio a pochi mesi della nascita della figlia. In questo caso però la sua è una disamina su un tema più generale scandagliato partendo dal presupposto che sia necessario rassegnarsi a veder finire la propria vita e tenendo presente che “un tempo si sarebbe considerata una fortuna anche solo arrivare in salite a un’età simile”: “Se non può essere accettato che a un certo punto ci si debba, ci si voglia rassegnare alla propria morte, non dovrebbe esserlo neppure voler continuare a vivere a tutti i costi, ricadendo necessariamente sugli altri”.
Citazioni e passaggi tratti da libri, film e canzoni fanno da sfondo a un’interessante analisi del modo in cui viene vissuta oggi l’anzianità e, nel frattempo, tutto l’essere tormentata dell’autrice traspare e si intreccia con queste riflessioni.
Quel tweet e tutto ciò che ne è scaturito, infatti, si sono trasformati in un viaggio interiore nel proprio passato, nella psiche e tra i suoi fantasmi; ma anche esteriore, nella società, quella italiana in particolare, e nell’ambigua centralità che riserva agli anziani, da una parte celebrati, dall’altra marginalizzati, da una parte ancora padri-padroni (alcuni) la cui sola presenza blocca il cambiamento, dall’altra risorse da sfruttare e dimenticare (molti). Quello che all’inizio sembrava uno sfogo contro i “vecchiacci”, diventa una dolorosa presa di coscienza da parte dell’autrice: da cosa nasce questo passo falso? Da quali traumi, da quali episodi del suo passato origina quel fastidio? E cosa nasconde, qual è la paura a cui non riesce a dare un nome? E se la vecchiaccia che davvero odia fosse lei stessa? Ancora una volta Fuani Marino parte da sé, dalla sua esperienza, dal suo corpo, per raccontare questi tempi assurdi.
È diretta, forse scomoda, di certo illuminante: è difficile che le sue parole possano lasciare indifferenti.
“Che il dolore fortifichi è solo una bugia che ci raccontiamo, quando ogni dolore non fa che renderci più fragili e impreparati ad affrontare il dolore successivo”.
L’autrice è nata nel 1980 a Napoli, dove attualmente vive. Nel 2017 ha pubblicato il romanzo Il panorama alle spalle (Scatole Parlanti editore) e nel 2019, per Einaudi, il memoir Svegliami a mezzanotte, vincitore dei premi Gherardo Amadei, Alessandra Appiano e Clara Sereni. Da Svegliami a mezzanotte è tratto l’omonimo documentario diretto da Francesco Patierno e finalista ai David di Donatello.
Rossella Montemurro