Flora, Lydia e Gillian: tre donne, tre diversi caratteri, tre differenti modi di concepire la vita.
Flora – cattolicissima tanto che si ritrova spesso a recitare preghiere – mamma di tre figli e moglie di Simon. Lydia, una cara amica di Flora, non sposata e senza relazioni sentimentali.
Gillian, amante di Simon, il marito di Flora.
Una donna quasi perfetta (Garzanti, traduzione di Mariagiulia Castagnone) di Madeleine St John entra subito nel vivo di una trama dove i protagonisti sono i sentimenti e tutto ciò che si portano dietro.
Simon e Gillian sono in un bar quando entra anche Lydia. Simon è di spalle, Gillian non può fare a meno di notare quella donna che li fissa con insistenza. Entrambi rimangono nel dubbio che Lydia abbia riconosciuto Simon. È così che quell’insolita situazione dell’incipit porta il lettore a conoscere, a ritroso, ciò che è accaduto prima.
Quella di Flora e Simon è una coppia sbilanciata in cui Flora ha sempre fatto il possibile per assecondare il marito, spesso a scapito dei propri desideri. Nonostante questo, Simon non ha esitato a buttarsi tra le braccia di Gillian con incredibile superficialità e continuando a condurre con indifferenza una doppia vita sentimentale. Lydia, invece – per la quale Simon prova un’antipatia epidermica anche se in un’occasione stava quasi per baciarla – non esita a farsi in quattro per Flora e per i suoi figli, sempre disponibile forse a colmare quel vuoto affettivo per la mancanza di un compagno.
Eppure queste tre donne, per quanto diverse, sono tutte incanalate in schemi prefissati e timorose dall’uscir fuori da quei binari di normalità – quella che la società impone loro.
Come spiega bene Nadia Terranova nella prefazione, “Una donna quasi perfetta è anche un romanzo sul doppio e sui bivi: ogni donna è insieme specchio e negazione dell’altra”.
Perché, se Gillian – secondo Simon – è decisamente più attraente ma meno materna di Flora, quest’ultima ha molto più appeal rispetto a Lydia. E sembra che Simon abbia “ripiegato” su Gillian perché non è stato capace, quando ne ha avuto l’occasione, di baciare Lydia: la critica, quasi la disprezza ma ha avuto un attimo in cui ha provato per lei un’attrazione fortissima.
“Le relazioni – sottolinea la Terranova – stanno in piedi tutte insieme: un matrimonio ha un’amante (con o senza apostrofo), quell’amante ha bisogno di chi per qualche ragione non lo è diventata prima, e tutti quanti hanno bisogno di una romanziera talentuosa che li racconti”.
La St John è bravissima nel tenere il lettore sulla corda, nel presentargli questa trama fitta e narrata in maniera articolata e, soprattutto, nel far deragliare questo intreccio che porrà le tre donne di fronte a una scelta: assecondare ciò che gli altri si aspettano da loro o andare per la propria strada?
I toni non sono affatto leggeri e lo stile ha una ricercatezza inaspettata.
Madeleine St John nasce a Sydney nel 1941. Unica donna australiana a essere candidata al Man Booker Prize, esordisce con Le signore in nero, pubblicato nel 1993, cui seguono A Pure Clear Light (1996), The Essence of the Thing (1997) e A Stairway to Paradise (1999). Muore a Londra, nel 2006, all’età di sessantaquattro anni.
Mentre è in corso in tutto il mondo la riscoperta delle sua opera, Garzanti pubblica per la prima volta in Italia i suoi romanzi.
Rossella Montemurro