I militari del nucleo di polizia economico-finanziaria di Arezzo, al termine di articolate indagini, dirette dalla Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni e di disponibilità finanziarie, emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Arezzo, per un valore superiore ai 10 milioni di euro, pari al profitto del reato di una imponente frode fiscale, perpetrata da un sodalizio criminale, ramificato in provincia e sull’intero territorio nazionale.
Gli investigatori delle fiamme gialle hanno individuato un’organizzazione, con base operativa ad Arezzo, dedita alla commissione di una pluralità di delitti, che vanno dalla frode fiscale, realizzata mediante l’evasione dell’Iva derivante dalla compravendita di metalli preziosi, per un giro d’affari di circa 100 milioni di euro, all’autoriciclaggio dei proventi illecitamente accumulati. Il meccanismo fraudolento scoperto è fondato sul collaudato schema dell’interposizione fittizia di soggetti economici strumentali nel circuito commerciale (cosiddette società “cartiere”) e si è, principalmente, sviluppato mediante vorticosi scambi intercorsi fra tre società, con sede in Toscana, Campania e Lombardia, le quali, in soli 4 anni (2018-2021), hanno ceduto ingenti quantitativi di metalli preziosi, in particolare, oro e palladio, ricorrendo a false fatturazioni.
Proprio il ruolo svolto da una “società cartiera”, localizzata nella provincia di Salerno, è risultato strategico per la complessiva riuscita del sistema fraudolento poiché sulla stessa è stato convogliato l’ingente debito tributario procurato dalla frode fiscale. L’individuazione della società è stata resa possibile dall’analisi di molteplici risultanze investigative di rilievo: la stessa, solo formalmente amministrata da un prestanome ma di fatto gestita dai vertici dell’organizzazione, è, infatti, priva di una sede operativa e di personale dipendente, non ha presentato bilanci o dichiarazioni dei redditi a decorrere dal 2014, non è iscritta all’albo degli operatori professionali in oro della banca d’Italia e non è titolare di alcun rapporto bancario sul quale ricevere ed effettuare i pagamenti delle fatture milionarie oggetto della frode. Nel corso delle indagini, sono state sfruttate in maniera trasversale le peculiari attribuzioni investigative del corpo, attraverso l’approfondimento di segnalazioni per operazioni sospette, gli incroci delle numerose banche dati disponibili tra loro interoperabili, le analisi documentali e bancarie, i servizi di osservazione e di pedinamento sul territorio nonché le analisi del traffico telefonico. Sono stati, inoltre, effettuati mirati interventi, che hanno consentito di giungere al sequestro di 12 kg di metalli e di oltre 30.000 euro in contanti, in modo da ottenere elementi di prova delle illecite transazioni poste in essere.
All’esito delle indagini, l’autorità giudiziaria ha emesso un provvedimento cautelare sui beni riconducibili a 8 soggetti indagati, tra amministratori di fatto, “corrieri” e semplici “prestanome”, ritenuti partecipi, a vario titolo, di un sodalizio criminale, con la contestazione dei reati di associazione per delinquere, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed “autoriciclaggio” del profitto illecitamente conseguito. Si tratta di persone residenti nelle province di Caserta, Napoli, Arezzo, Milano, Roma e Matera. Contestazioni sono state mosse anche nei confronti di due società, “segnalate” all’autorità giudiziaria, secondo la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti (d.lgs. n. 231/2001). Il provvedimento cautelare ha interessato beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie delle persone fisiche e giuridiche sottoposte ad indagini ed ha avuto ad oggetto, nello specifico, immobili ad uso abitativo o industriale, ubicati nelle province di Arezzo, Grosseto, Caserta, Milano, Piacenza e Roma, nonché auto d’epoca e moto di grossa cilindrata, oltre a diversi rapporti finanziari.