Proseguono i lavori per la riparazione della condotta idrica adduttrice in C.da Trasano che, secondo le notizie fornite da Acquedotto Lucano, andranno avanti senza interruzioni fino al completo ripristino. Poiché per la complessità dell’intervento tecnico si prevede...
Oggi vorrei fare una riflessione sul senso religioso e lo vorrei fare partendo dalla seguente affermazione: “Essere uomo significa essere religioso e gli uomini sono religiosi perché sono intelligenti”. Così affermava Mircea Eliade, storico delle religioni e scrittore romeno.
Questo significa che all’origine del senso religioso c’è l’intelligenza e quindi è necessario chiarire che la fonte dell’intelligenza è lo stupore, cioè la normale capacità dell’uomo di meravigliarsi di fronte al mondo che lo circonda.
Il senso religioso quindi fonda la sua origine nell’incontro che l’uomo ha con il divino: un’esperienza di relazione con il mistero del trascendente, comune a tutti gli uomini.
Si tratta di una predisposizione dell’animo umano.
Ecco allora che la bellezza della natura e dell’universo desta sempre grande meraviglia provocando una naturale riflessione sull’esistenza, sul mondo, sul trascendente, ovvero su ciò che oltre la realtà apparente.
L’uomo con la sua intelligenza è il protagonista di questa apertura che sta oltre.
Infatti l’uomo si meraviglia proprio perché è un essere che riflette e si interroga.
Attraverso la meraviglia si manifesta il desiderio di conoscere.
Ecco perché guardando l’armonia del cosmo, guardando al suo ordine e alla sua perfezione inevitabilmente ci chiediamo: “Chi è colui che ha messo ordine?” Oppure: “E’ tutto frutto del caso o forse esiste un essere superiore che ha architettato tutto?”
La meraviglia è un’espressione umana che caratterizza e fonda l’esperienza religiosa.
E’ importante capire però che mentre la meraviglia si interroga sulla bellezza della vita, l’uomo fa anche esperienza di della difficoltà e della fragilità della vita stessa.
L’uomo sperimenta la gioia di vivere, ma anche la dolorosa realtà della malattia e della morte.
Chi di noi non ha pregato con il salmo 103: “I giorni dell’uomo sono come l’erba; egli fiorisce come il fiore dei campi”
Prendere coscienza di questa sana e positiva inquietudine significa vincere la paura di guardare in faccia alla realtà, cioè significa porsi le domande fondamentali sul senso e sul valore della vita.
Benedetto XVI affermava: “E’ proprio guardando in noi stessi con verità, con sincerità e con coraggio che intuiamo la bellezza, ma anche la precarietà della vita e sentiamo un’insoddisfazione, un’inquietudine che nessuna cosa concreta riesce a colmare”.
Di fronte alla realtà della vita e alla sua provvisorietà l’uomo giunge infatti a chiedersi: Chi sono io? Perché vivo? Da dove vengo? Qual è il mio destino? Perché c’è il male? Perché ci sono sofferenze e morte?
Sono interrogativi profondi che l’uomo, credente o non, si fa in modo consapevole o inconsapevole: sono le domande sul senso della vita, che esprimono il bisogno di verità presente in ogni uomo.
Questo significa che attraverso la riflessione sul senso della vita, l’uomo arriva a comprendere che non esistono solo cose materiali e visibili.
Ecco perché l’uomo percepisce chiaramente che la sua esistenza dipende da qualcuno di Radicalmente Altro.
Vorrei concludere questa mia modestissima riflessione con le parole di Sant’Agostino: “… Il mio cuore è inquieto finché non riposa in te …”
Nicola Incampo
Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica