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“Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa”, il consenso secondo la filosofa e scrittrice Michela Marzano

“Le cose, sulla carta, sono sempre semplici.

C’è un tacito accordo: la violenza inizia nel momento in cui una persona è costretta a compiere o subire atti sessuali con forza, minaccia, inganno o sorpresa. C’è chi aggiunge un paio di circostanze aggravanti, come l’abuso di alcol o l’utilizzo di droga. E poi, adesso, abbiamo pure la Convenzione di Istanbul, che dice forte e chiaro che lo stupro è un rapporto sessuale privo di consenso, ossia senza una libera manifestazione della volontà della persona.

Ma quand’è che il consenso è libero e quando, invece, è forzato? Quand’è che è pieno? Dev’essere enunciato, ossia lo si deve dire esplicitamente, oppure può essere sottinteso e implicito?

Si deve firmare un modulo o basta fare “sì” o “no” con la testa?

E se lei accetta di dormire con un tizio, e magari anche di farci l’amore, e poi però, l’indomani mattina, viene penetrata a sua insaputa, magari mentre è ancora addormentata?

Se lei lo conosceva bene e l’ha baciato?

Se dopo i fatti non è traumatizzata – non trema, non piange, non prende o perde dieci chili?

La violenza carnale come conseguenza di una serie di colpe e di omissioni: erano entrambi brilli; lei era fatta e lui era fuori di sé; lei l’aveva provocato e lui non si è trattenuto. E via di seguito.”

Sono concetti sferzanti esposti senza urlare, quasi con delicatezza, quelli della filosofa e scrittrice Michela Marzano che nel suo Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa (Rizzoli) analizza le molteplici sfumature del consenso e le inevitabili ripercussioni.

L’io narrante è Anna, tra accadimenti e situazioni vissute, echi letterari e vicende che le sono state raccontate. È docente in un master di giornalismo, lavora in radio e ha alle spalle esperienze che l’hanno segnata. Come quando era in classe, aveva undici anni, il professore le chiede di avvicinarsi alla cattedra per leggere e infila poi la sua mano nella tasca dei pantaloni della bambina. Sconcerto, sì, tanto. Ma anche la conferma di essere stata “scelta” a dispetto dell’amichetta con l’apparecchio.

Anche da grande, Anna – e questo accade alla maggior parte delle ragazze – pur di assecondare il bisogno di essere vista finisce con cedere – spazio, voce, pezzi di sé – di fronte agli uomini.

“Non c’è consenso senza corpo, non basta il linguaggio a significarlo, e chi dice il contrario ignora il viso e le emozioni, ignora i movimenti, ignora il suo essere a metà strada tra le parole e i gesti, il dire e il fare, due modi diversi, a tratti opposti, di esprimersi. E poi tra due persone, uomo o donna importa poco, che utilizzano più lingue e più linguaggi, da quello fisico a quello affettivo, linguaggio materiale e parola psichica.”

A cinque anni dal #MeToo, Anna decide di affrontare questo argomento proprio con i suoi studenti accorgendosi di quanto possa essere spinoso, di quante accezioni possa avere. Su due fronti: da una parte ci sono ventenni che scoprono la sessualità, dall’altra lei che ripensa al passato, a tutte le volte che ha ceduto.

Incisivo, profondo, con uno stile impeccabile, Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa è un libro che non si dimentica facilmente, un faro sulle zone d’ombra di una tematica attualissima.

La Marzano (Roma, 1970) è scrittrice, filosofa, editorialista de “la Repubblica” e de “La Stampa”. Ha pubblicato, tra gli altri, Volevo essere una farfalla (2011), L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore (Premio Bancarella 2014), Papà, mamma e gender (2015), L’amore che mi resta (2017) e Idda (2019).

Rossella Montemurro

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