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“Sharp objects”, diventa una nuova serie targata HBO l’esordio di Gillian Flynn

“Il fatto è, vedete… sono una che si taglia. O, se preferite, che si incide, si tagliuzza, si affetta, si pugnala. Sono un caso molto, molto speciale. Perché ho uno scopo. La mia pelle, dovete sapere, urla. È coperta di parole – «cucina», «tesoro», «gattina», «riccioli» – come se un intagliatore alle prime armi avesse imparato il mestiere sulla mia carne. A volte, ma solo a volte, mi viene da ridere. Uscendo dalla vasca da bagno, per esempio, quando con la coda dell’occhio scorgo su una gamba la parola «babydoll». Mentre mi infilo un maglione e, in un lampo, colgo sul polso «malvagia». Perché proprio queste parole? Migliaia di ore di terapia hanno fruttato alcune idee da parte dei bravi medici. Sono spesso parole femminili, oppure sono decisamente negative. Sinonimi di «ansia» incisi sulla pelle: undici. Io so solo che in determinati momenti per me è di vitale importanza vedere quelle lettere impresse sulla carne. Non soltanto vederle, ma anche sentirle. Sulla mia anca sinistra: «sottoveste»”.

Camille Preaker, una ragazza bella e problematica, è la protagonista di Sharp objects (Rizzoli, traduzione di Barbara Murgia), l’esordio di Gillian Flynn – l’autrice del thriller L’amore bugiardo – Gone girl: se avete amato questa storia non potete perdere il primo libro della Flynn.

Cronista di nera a Chicago, da otto anni lontana dalla famiglia – piuttosto anaffettiva – e da Wind Gap – la cittadina dove è nata e cresciuta -, Camille viene spinta dal suo capo a tornare in Missouri per una serie di articoli sulla scomparsa della piccola Natalie Keene. Un anno prima era svanita nel nulla un’altra bambina, ritrovata poi in un torrente strangolata e senza più denti. Ben presto, anche il cadavere di Natalie viene ritrovato: il dettaglio dei denti strappati che accomuna i due omicidi sembra essere la firma dello stesso serial killer.

Gli abitanti di Wind Gap, sospettosi e omertosi, di fronte a tanto orrore preferiscono trincerarsi nella loro chiusura, fingere che si tratti di un “orco” venuto da fuori e non di un concittadino.

Camille si trova, suo malgrado, stretta da un lato nelle maglie di una comunità che non accetta l’estraneo, dall’altro nella singolarità di un nucleo familiare (il suo) che paradossalmente tende anch’esso a isolarla e criticarla. La madre, Adora, carismatica e forte, non l’ha mai amata preferendole prima la sorella – prematuramente scomparsa – poi la sorellastra adolescente – una ragazzina perfida e scontrosa, in piena crisi adolescenziale. Il patrigno è una figura senza polso, succube della personalità dirompente di Adora. Camille, all’incubo del “mostro” a piede libero a Wind Gap intreccia quello della sua infanzia, del tutto priva di amore materno.

“Per un po’ avevo cercato di convincermi che Adora tenesse le distanze per difesa, dopo la morte di Marian. Ma, a pensarci bene, credo che mia madre abbia sempre avuto con i bambini più problemi di quanti volesse ammetterne. Anzi, penso addirittura che li odi. Nel mio ricordo ci sono una gelosia, un risentimento, che riesco a percepire perfino adesso. Chissà, forse per un po’ le è piaciuta l’idea di avere una figlia. Da ragazza scommetto che sognava a occhi aperti di fare la mamma, coccolare e vezzeggiare il suo bambino come una gatta gonfia di latte. Ha una specie di voracità nei confronti dei bambini. Perfino io in pubblico passavo per una figlia molto amata. Finito il periodo di lutto per Marian, mia madre aveva preso a fare sfoggio di me per le strade della città, sorridendomi, canzonandomi amorevolmente e facendomi il solletico, quando si fermava a parlare con la gente. Quando poi tornavamo a casa, andava a chiudersi in camera sua come una condannata a morte e io rimanevo seduta fuori, con il viso premuto contro la sua porta, ripassando mentalmente ogni momento della giornata e cercando di capire che cosa avessi fatto per scontentarla”.

Ed è così che inizia la sua personale indagine in quelle morti assurde, sfidando le rigide norme sociali di una cittadina bigotta e pettegola, affrontando la madre, una donna fredda e manipolatrice, ammirata dai vicini e temuta dentro casa, da cui era fuggita ancora ragazza. Man mano che vengono fuori indizi e dettagli, come un fiume in piena riemergono i ricordi di Camille con tutto il carico di dolore e malvagità.

Il ritmo è incalzante, lo stile asciutto – con qualche incursione nell’hard-boiled -, la trama complessa, degna di un buon thriller psicologico.

Sharp Objects – già pubblicato in Italia da Piemme con il titolo Sulla pelle – è anche la nuova serie targata HBO, Sharp Objects (nei cinema l’8 luglio negli Stati Uniti e a settembre in Italia su Sky Atlantic),

Gillian Flynn, sceneggiatrice e critico televisivo, vive a Chicago con il marito e il figlio. Già autrice del thriller Nei luoghi oscuri e L’amore bugiardo – Gone Girl, è con quest’ultimo che ha raggiunto la celebrità internazionale. Ha lavorato alla sceneggiatura di Gone Girl, il film che David Fincher ha tratto dal suo romanzo.

Rossella Montemurro

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