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Santo Stefano, il primo martire della Chiesa: un approfondimento del prof. Incampo

Oggi vorrei parlarvi di Santo Stefano, cioè del primo martire della Chiesa.

Di Stefano si sa solo che parlava greco, perciò si presuppone che fosse di origine greca.

La fonte per conoscere la vicenda di Stefano è sicuramente il libro degli “Atti degli Apostoli”.

Dovete sapere che San Luca aveva raccolte notizie sicure su Paolo, diretto testimone del martirio di Stefano.

Infatti il capitolo 6 degli Atti racconta che i discepoli di lingua greca mormoravano contro quelli di lingua ebraica, perché trascuravano l’assistenza delle loro vedove, che era a corico della comunità.

Ecco perché gli Apostoli convocarono i discepoli e dissero: “Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate tra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza ai quali affideremo questo incarico. Noi invece ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola” (Atti 6, 2-4).

Tra i sette fu scelto anche Stefano.

Per la sua sapienza e la sua fede Stefano diviene il primo tra i sette diacono di Gerusalemme.

Le autorità ebraiche cercano di screditarlo, ma il prestigio di Stefano è troppo grade davanti al popolo.

Accusato da falsi testimoni Stefano viene arrestato e trascinato davanti al Sinedrio, dove il sommo sacerdote gli chiede il motivo delle accuse formulate contro di lui.

Stefano risponde con un lungo discorso e quindi conclude: “Quale dei profeti non perseguitarono i padri vostri? Essi uccisero anche coloro che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale ora voi siete divenuti traditori e uccisori”.

Sentendo queste parole, l’odio e il rancore dei presenti aumenta contro di lui, ma Stefano ispirato dallo Spirito Santo, alza gli occhi al cielo e dice: “Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio”.

Udito ciò i presenti, i presenti gridano a gran voce e si scagliano contro di lui, lo trascinano fuori città e lo lapidano, deponendo i loro mantelli ai piedi di un giovane di nome Saulo (cioè Paolo il futuro San Paolo), che assiste all’esecuzione.

Stefano intanto, tutto insanguinato, prega: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” (Atti 7, 59) e prima di morire grida forte: “Signore, non imputar loro questo peccato” (Atti, 7, 60).

Ricordate che è l’anno 36 e Stefano muore lapidato, mentre a Gerusalemme si scatena una violenta persecuzione contro i cristiani.

L’uccisione di Stefano non è stata un’esecuzione legale, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, quindi si è trattato di u linciaggio pilotato.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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