
È un professionista che si è fatto da solo, animato da una ferma volontà di progresso con un carattere solido e determinato che non lo fa arretrare di fronte a nessun ostacolo: a lui, Salvatore Ottolenghi, si deve la creazione della Polizia Scientifica ed è grazie a Roberto Riccardi, Generale dell’Arma dei Carabinieri e scrittore, se alla figura di Ottolenghi oggi sono riconosciuti i giusti meriti.
La biografia Salvatore Ottolenghi. Inventore della Polizia Scientifica, pubblicata per Giuntina, ricostruisce la vita di un uomo che, come sottolinea Riccardi, con il suo metodo ha costretto la giustizia a essere giusta: “Non più sentenze legate a fattori ideologici o esigenze del momento. Non più condanne dettate dal pregiudizio, dagli umori dei sovrani, dalle pressioni dei potenti. Al loro posto una formazione, per tutti i funzionari destinati al lavoro sul campo, in cui la base fossero la medicina legale, l’antropologia criminale, la dattiloscopia, la psichiatria”.
Il metodo Ottolenghi ha avuto eco in tutto il mondo tanto che nel 1925 il capo della Polizia di New York affermò che, per progredire, gli Stati Uniti dovevano seguire l’esempio dell’Italia.
Tutto ha inizio a Roma il 4 giugno 1902: Ottolenghi, ebreo astigiano, allievo di Cesare Lombroso, è un giovane medico che senza appuntamento varca la soglia del direttore generale della Pubblica Sicurezza. In pochi minuti convince il ministro Giolitti a creare qualcosa che non esiste: una Scuola di polizia scientifica. Tre mesi dopo, a Regina Coeli, nasce il primo corso al mondo che trasforma l’indagine da pratica empirica a disciplina fondata sulla scienza.
“Non ha alle spalle una famiglia potente, nessuno è disposto a fargli dei regali. – precisa Riccardi – Eppure nel tempo la sua ascesa professionale è tanto netta quanto indiscusso è il suo merito. Egli conosce e sperimenta, della propria epoca, le luci e le ombre.”
Il cartellino segnaletico, la rete internazionale di cooperazione tra forze di polizia e la carta d’identità italiana nascono per merito suo: non più procedimenti per tentativi ed errori, che inevitabilmente avverrebbero sulla pelle di qualcuno, né fiducia cieca nel fiuto del detective – “l’intuizione induce in errore, poiché fa innamorare delle proprie idee e non consente di metterle in discussione”.
La sua invenzione significativa è il “ritratto parlante del sopralluogo”: una descrizione dell’ambiente accurata, che non deve trascurare alcun dettaglio.
Sotto la guida di Ottolenghi vengono formati i detective che affronteranno alcuni casi simbolo: dal delitto Matteotti allo Smemorato di Collegno, dal mostro Girolimoni ai misteri di corte della regina Elena.
Sullo sfondo, mezzo secolo di storia, dal Risorgimento al fascismo, che Riccardi ricostruisce attingendo anche alla letteratura e al cinema. Nulla è lasciato al caso, in un’atmosfera avvolgente che rende bene l’epoca in cui ha vissuto il protagonista e mette in luce la grande bravura di Riccardi nel delineare vicende del passato con estrema competenza e forte passione.
Roberto Riccardi (Bari, 1966) ha esordito per Giuntina con Sono stato un numero. Alberto Sed racconta (2009), fra i libri premiati da Adei-Wizo e vincitore dell’Acqui Storia. Ha poi pubblicato, sempre con Giuntina, La foto sulla spiaggia (2012), la biografia di Giulia Spizzichino, scritta con lei, La farfalla impazzita (2013) e Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi (2021).
Appassionato d’arte, giornalista e scrittore, ha diretto per diversi anni “Il Carabiniere”. Ha pubblicato saggi e romanzi; tra i più recenti, La firma del puparo (e/o 2015), Il prezzo della fedeltà. Storia di Giuseppe Giangrande (Mondadori 2016) e La notte della rabbia (Einaudi 2017). Nel 2019 per Rizzoli ha pubblicato Detective dell’arte. Dai Monuments Men ai Carabinieri della cultura.
Rossella Montemurro
