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Nel 1787 viene pubblicato in due edizioni distinte con alcune varianti, un monodramma lirico firmato da Francesco Mario Pagano si intitola L’Agamennone. È la terza delle quattro prove drammaturgiche dell’illustre avvocato, docente universitario, saggista, poeta, nato nel 1748 a Brienza che conclude tragicamente la vita tra i martiri del 1799.
Dopo duecentotrent’anni dalla prima e unica rappresentazione in un teatrino privato di Napoli, L’Agamennone sarà rappresentato a Potenza mercoledì 18 ottobre alle 18.00 nell’Auditorium dell’Immacolata (Ingresso Parco del Seminario – Viale Marconi 104) per iniziativa del Circolo culturale Silvio Spaventa Filippi.
L’iniziativa, inserita nel cartellone dell’Autunno Letterario del Comune di Potenza, è organizzata in collaborazione con Scenamediterraneo, organismo di produzione e promozione culturale diretto da Mariano Patrurzo.
La lettura drammatica sarà affidata all’attrice Cinzia Maccagnano con l’accompagnamento musicale di Vito Stano al violoncello.
L’opera è messa in scena in occasione dell’edizione critica promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.
La curatrice dell’edizione è Silvia Zoppi Garampi, professore associato di Letteratura, lingua e grammatica italiana presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Zoppi Garampi spiega che il monodramma lirico è stato un genere drammatico d’avanguardia nel Settecento inaugurato da Rousseau con il Pigmalione. Pagano è il primo in Italia a sperimentare questo innovativo genere teatrale. Si tratta di un’opera in cui l’azione è prevalentemente presentata da un unico personaggio e consiste in una narrazione interiore con alterni interventi musicali e coreografici che dividono in diverse sezioni e sipari la rappresentazione e ne sottolineano il significato.
L’intento di Pagano era di tipo estetico e sperimentale, ma voleva anche esprimere attraverso la storia di Ifigenia in Aulide, sulle orme dell’ammiratissimo Euripide, la crisi del potere politico ateniese e di quello a lui contemporaneo.
L’Agamennone, sottolinea Paolo De Angelis nel saggio introduttivo all’edizione, si presenta come una critica radicale alla tragica volubilità, al futile capriccio del potere e interamente il suo centro appare a noi oggi come la descrizione della inquietudine insensibile del monarca e della sua corte che pure sapendo quanto sia debole e grossolano il parere popolare, egualmente lo segue per non perdere il comando militare della flotta e per non apparire “pazzo” nel contrastare la religione.
Un’opera quindi, sia sotto l’aspetto scenico e coreografico che sotto l’aspetto educativo e sociale, di grande suggestione anche per il pubblico del XXI secolo.